02_Tommaso_Filippi_sarti22 giugno - 30 settembre 2012 orario 9.00 /20.00. 1 - 30 ottobre orario 9.00/17.00

Immagine: Tomaso Filippi Lavoratori veneziani sfollati dopo la disfatta di Caporetto, un gruppo di sarti confeziona divise militari 1917 Venezia Fondo Tomaso Filippi, IRE

Parallelamente alla mostra di pittura Nobiltà del lavoro. Arti e mestieri nella pittura veneta tra 800 e 900, in Villa Pisani si presenta una rassegna di fotografie storiche di Tomaso Filippi (Venezia 1852-1948) che, attraverso il suo sapiente obiettivo, restituisce usi e costumi di una Venezia in gran parte «sparita».

La mostra, ospitata nella "Casa del Giardiniere", nel parco di Villa Pisani, è stata promossa dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, ideata e curata da Giuseppe Rallo, con Myriam Zerbi e Luisa Turchi, ed è organizzata da Munus in collaborazione con il Fondo Filippi, che conserva l'archivio fotografico donato all'IRE (Istituto di Ricovero e Educazione di Venezia) da Elvira Filippi, ultima figlia del fotografo Tomaso Filippi, e con Daniele Resini, che ha curato la schedatura e catalogazione scientifica del vasto patrimonio - oltre 7693 lastre originali - e realizzato una mostra antologica nel 2000 alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia.

Nella seconda metà dell'Ottocento sono in molti gli operatori che, affascinati dal nuovo mezzo espressivo, veneziani o provenienti da atelier di diverse parti d'Europa, «riproducono» monumenti e luoghi della città lungo le fondamenta, sui canali, nei campi e nelle calli.

É il momento in cui tra pittura e fotografia ci sono scambi costanti e, come dice Resini, «reciproci sconfinamenti di ruoli»: le foto in bianco e nero, forzando la loro natura documentale, vengono ritoccate per rendere con ombreggiature, vernici e solventi, la piattezza delle pennellate, e le variopinte suggestioni della città d'acqua sono colorate a mano a imitazione delle tele, mentre la pittura si servirà degli scatti, nella fase ideativa dei quadri, come fossero schizzi, utilizzando poi nelle composizioni «tagli fotografici» che renderanno le prospettive dei dipinti inedite e ardite. Proliferano in città i negozi che offrono stampe di impronta «pittorialista» e la vendita di fotografie e cartoline dell'epoca diviene per la città un'attività fiorente. Ritratti eseguiti da «fotografi di piazza», vedute e scene popolari hanno molta fortuna e sono richieste dal mercato dei forestieri desiderosi sempre di riportare in patria, come souvenir, immagini veneziane, come avviene sin dal Settecento quando i viaggiatori del Grand Tour decretarono il successo dei quadri di Canaletto e dei vedutisti.

Dopo aver lavorato nello studio fotografico di Carlo Naya come fotografo «vedutista», autore di molti dei più famosi scatti della «Casa», nel 1895 Tomaso Filippi decide di mettersi in proprio, apre uno studio sotto le Procuratie Nuove di Piazza San Marco, non lontano dal Caffè Florian e, nel suo piccolo punto vendita, offre «specialità veneziane». Il fotografo, che all'Accademia di Belle Arti di Venezia aveva ricevuto, dal 1867 al 1871, una solida formazione, realizzerà, nella serie da lui stesso chiamata «Scene e costumi veneziani», una vera e propria campagna di documentazione sulla vita e sulle tradizioni della gente di Venezia, di Chioggia e delle isole della laguna. Girando per i quartieri popolari, Castello come la Giudecca, Torcello come Burano, non teme «l'arte che tocca i cenci» e, come il Segretario dell'Accademia Veneziana Pietro Selvatico raccomandava ai pittori che diverranno protagonisti a Venezia della svolta realista, trova ispirazione per le sue opere lungo le strade della Venezia minore, meno monumentale, ma di sicuro altrettanto affascinante a quella nota e frequentata di Piazza San Marco e del Canal Grande.

Riprende per strada, con scatti rubati da fotoreporter ante litteram o mettendo in posa i soggetti, l'attività di artigiani, il lavoro delle impiraresse e degli ambulanti nelle calli, dei contadini nei campi e degli operai nelle fabbriche e mette insieme un prezioso campionario di «scene di genere» che, in parallelo con la pittura, restituiscono il paesaggio e il contesto umano della Venezia ottocentesca. I pittori «di genere» non di rado fanno proprie nelle loro tele le sue inquadrature e le «pose» dei pescatori come delle popolane al pozzo.

In mostra una trentina di fotografie, allestite nella Casa del Giardiniere, che illustrano - parallelamente al percorso delle pitture di «Nobiltà del lavoro», che si dipana al piano nobile di Villa Pisani - e in confronto dialettico con le opere presentate, il mondo pittoresco, e in gran parte perduto, delle attività veneziane di un tempo, in un reportage che della Venezia e del suo popolo, tra Ottocento e Novecento, profila un nitido e suggestivo ritratto.

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