Eduard_Habicher_Galleria_GoetheTra peso e leggerezza, realtà e illusione, trasparenza e opacità. Eduard Habicher costruisce la sua scultura come fosse un luogo "altro", fantasmatico. Che invade lo spazio e che dallo stesso spazio si fa invadere. Alla Galleria Goethe di Bolzano, fino al 4 marzo 2014.

"Lo spazio è un dubbio: deve essere continuamente individuato, designato, conquistato.". Così G. Perec. Ebbene, la scultura di Eduard Habicher (Malles, Bolzano, 1956; vive a Merano) si pone proprio come una ininterrotta interrogazione dello spazio. Essa può accompagnarlo, riconfigurarlo, estenderlo, facendo ricorso ad un gioco combinatorio di elementi instabili, dislocati, aperti. Anche la scultura dell'Avanguardia, da Tatlin a Calder, ha provato a sfidare le leggi della gravità, ma l'ha fatto sottolineando la propria leggerezza. Habicher non ha bisogno di esibire una levità di materiali; semplicemente solleva da terra l'acciaio, il legno combusto, il vetro. La leggerezza nelle sue opere non nasce dalla materia, nasce dal movimento. E le forme definiscono più il loro divenire che il loro essere. Lo stesso discorso vale anche quando interviene la negazione di ogni fisica consistenza (come può essere l'ombra che non è mai meno reale del corpo che la proietta o il vetro che suscita autentiche trasparenze sulle pareti): sono solo stratagemmi illusivi, che non hanno nessuna intenzione di contraddire l'ordine dello spazio, quanto piuttosto di costruire una sorta di "carattere della spazialità" con tutte le sue condizioni e i suoi stati fisiologici (di incrocio, sostegno, tensione, ecc.). Qui potrebbero valere le parole di Heidegger, quando afferma: "L'aperto lascia sorgere ogni cosa nel riposare in se stessa". Ogni proposizione plastica cioè esperisce l'idea del "volo", dell'"abbraccio", della "caduta", ma senza uscire da sè, dalla propria evidenza. Gli stessi materiali usati sono mostrati nella loro qualità d'origine; anzi, se possibile, ridotti al massimo di letteralità (il blocco ligneo è "pondus", il vetro fragilità, il metallo durezza). E l'energia che li muove e li combina è una pulsione endogena, una scarica interna. Per cui quel senso di instabilità e di indeterminatezza che il lavoro di Habicher sollecita non è mai una realtà definitivamente data, ma un'istanza sperimentale, un evento in corso, una trasformazione in atto.

Luigi Meneghelli

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