Però poi accade anche il contrario: e cioè che venga comunicata l'apertura di una "importante personale che affiancherà alle già note opere a parete, lavori inediti site-specific in cui l'artista si cimenterà con materiali del tutto nuovi e inconsueti". Vengono evitate le descrizioni tecniche e gli orientamenti teorici. Non c'è neppure il titolo della mostra e a fianco del nome dell'artista c'è una data che è quella del giorno dell'inaugurazione. Vado a visitare la mostra e mi viene cortesemente spiegato che "si tratta di una data importante per l'artista".
Se però il pubblico non conosce l'importanza di questa data, tanto vale dire che la mostra è "Senza titolo", come sembra essere "Senza titolo" l'importante "installazione interattiva" (?). L'artista, mi viene detto, è "affascinato dalle correlazioni tra spazio, tempo e dinamiche astrali legate ai pianeti e alle costellazioni...". Uscirà un catalogo con interventi anche dell'astronoma americana Jana Grcevich ma, non me ne vogliano l'artista (Jacob Hashimoto) e la galleria (Studio la Città) che apprezzo e ho sempre seguito con interesse, la vera natura dell'operazione per me è rimasta una "nebulosa galassia".
Certo il lavoro è diverso rispetto ai tradizionali "aquiloni". Il grande lavoro site-specific seduce, è vero, e come in una scena felliniana che mixa cultura orientale e occidentale, ti conduce per mano in un mondo fantastico. Però quello che ti chiede l'artista tutto sommato è un atto di "fede". E mi pare che questa parola, "fede", se non per certi aspetti che possono riguardare il "prelievo duchampiano", non faccia parte del vocabolario degli artisti e del mercato dell'arte...