Divertimento assicurato, tanta musica e qualche colpo di scena, con la spumeggiante rivisitazione goldoniana di Richard Bean, portata al Teatro Nuovo di Verona da Pierfrancesco Favino. One Man, Two Guvnors (Servo per due) è tratto dal celebre Servitore di due padroni di Carlo Goldoni (1745):
la storia è semplice, imperniata sui luoghi comuni della commedia dell'arte, e riadattata in una Rimini anni trenta, popolata di canzonette e divise fasciste. Ma quel che la prima regia teatrale di Favino porta in scena, non è tanto la vicenda narrata, quanto i meccanismi stessi della rappresentazione teatrale: svelati, rovesciati ed esaltati, fatti ruotare come un orologio impazzito alla massima velocità. Non saranno così le vicende dei due amanti Rachele e Ludovico, o le tribolazioni del servo Pippo a catturare il pubblico, ma una serie inarrestabile di gag e trovate sceniche: geniali, surreali, a tratti dozzinali, ma portate avanti con un ritmo così incalzante da non lasciare spazio ad alcun sospiro.
Tre ore piene di spettacolo che corrono via veloci quanto mai: introdotte dalle elaborazioni musicali di Musica da Ripostiglio, un vero e proprio concerto nello spettacolo, all'inizio forse fin troppo protratto, ma ben presto parte integrante della mise-en-scène, e capace di raggiungere vertici di vero virtuosismo. L'insieme dello spettacolo oscilla tra la farsa e il teatro-varietà, con cori, danze e coreografie, e una patina retrò che non stona affatto, aggiungendo quel pizzico di sale e di divertimento in più. La compagnia è ben affiatata e gustosamente sopra le righe: tanti i giovani, tra i quali spicca uno splendido Ugo Dighero.
E poi, al centro dello spettacolo c'è ovviamente lui, Pierfrancesco Favino, che si rivela vero animale da palcoscenico, abile a sostenere la scena da solo, o a dirigerla dall'interno, lasciandosene al contempo sommergere del tutto. Abile soprattutto a spezzare all'occasione la finzione scenica, giocando a più riprese con il pubblico – e che nessuno in platea speri di restarsene seduto sulla sua comoda poltrona! Tante le sorprese, facili le risate, ma non mancheranno pure i momenti di bellezza, d'imbarazzo, o di timore. Perché alla fine "il teatro è finzione", s'intende!, ma, più di qualsiasi altro spettacolo, è anche e soprattutto vera vita.
Simone Rebora
al Teatro Nuovo di Verona fino al 16 febbraio 2014