Colin_wall_part13 marzo - 15 maggio 2011

Il percorso della mostra "Cronos: quel che resta della memoria" inizia con “Wor(l)ds”, una ricerca sulla memoria dell’oggi in cui Colin, come un archeologo del presente, recupera e trasforma parole e immagini tratte delle pagine dei giornali di tutto il mondo. Un affresco postmoderno tra echi della cronaca e le lacerazioni del nostro vivere quotidiano.

Il visitatore troverà poi una grande opera dal titolo “The Wall” (in foto vedi particolare), imponente istallazione di 232 opere a tecnica mista in cui è presentato un vero e proprio muro di quel che resta del nostro tempo: anche qui, forme di scritture e segni del nostro tempo,  quasi macerie di un’apocalisse contemporanea, metafora potente di una società liquida che sembra smembrarsi e che trova identità anche in due grandi sculture circolari.

La mostra prosegue con il ciclo “Liturgie”: una ricerca sull’ambiguità delle immagini e delle parole nella politica, mentre le serie “Amami”, presenta un omaggio anche alla Verona shakespeariana, attraverso il recupero di  vecchie fotografie di album famigliari per far rivivere il ricordo e la memoria di amori lontani e perduti nell’oblio. Piccoli frammenti trasformati dall’intervento dell’artista, tra rivelazioni e negazioni, ferite e tracce di un amore che supera il confine del tempo. L’impegno civile dell’artista si riscontra nella sezione “Vuoti di memoria”, un viaggio nell’Italia dei valori fondanti della rinascita dell’Italia dopo la guerra.

L’esposizione prosegue con il ciclo “Assenze”, una bellissima e poetica ricerca sulla sedimentazione dello sguardo nella nostra memoria attraverso la rilettura delle grandi opere d’arte alle quali è stata sottratta una figura, metafora dell’assenza come presenza ancora più visibile e potente. L'installazione “I bambini di Roman”  tocca il tema dell’olocausto attraverso un omaggio al grande fotografo Roman Vishniac che profeticamente ha fermato il tempo e testimoniato la vita nel ghetto di Varsavia prima dell’arrivo del nazismo.

Infine, la personale di Colin sarà arricchita da una performance interattiva intitolata “Vie di Memoria” che prevedrà l’interazione e la partecipazione del pubblico tra le opere che sono state realizzate negli altri eventi in altre città del mondo come New York, Milano, Roma, San Pietroburgo, Napoli, Buenos Aires.

“(…) Colin si colloca in una posizione laterale rispetto al vero, soffermandosi, prevalentemente, su indizi minimi. Perlustra l’almanacco dell’esistente, indugiando soprattutto su dolori, su emergenze, su tensioni. Sorretto da una forte consapevolezza etico-politica, compie mappature, in cui raccoglie spostamenti, passaggi, esitazioni. Nel ricorrere ad arditi dispositivi percettivi, rende visibili bisogni e comportamenti. Elabora una prosa lacerata, indugiando su episodi e barlumi, per cogliere le ragioni di quel che accade”. Vincenzo Trione (dal testo del catalogo)

“(…) Gianluigi Colin sa benissimo che oggi noi percepiamo la realtà come un mosaico composto da frammenti contigui e sovrimposti di immagini della realtà, riprodotte fotograficamente, e alterate attraverso questi processi di comunicazione. Le stampe e le serigrafie di Colin includono i mezzi di informazione contemporanei e trovano illustri antecedenti in Goya, sostenitore della responsabilità dell’artista come reporter, e in Rauschenberg, che definisce l’artista un testimone del suo tempo”. Barbara Rose
(dal testo del catalogo)

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