10 dicembre 2011 - 28 aprile 2012 - Galleria dello Scudo
La dialettica fra scultura e piano che sovrasta, affianca o sostiene l’opera ha contraddistinto il linguaggio di Nunzio sin dagli esordi. Le istallazioni dei primi anni ‘80, realizzate in gesso dipinto per immersione, erano concepite per essere collocate a parete in quanto “sculture che […] negano la forza di gravità pur non nascondendo la sostanza fisica”, come afferma Giuliano Briganti nel catalogo della personale all’Attico nel 1984. Se già allora la scelta dei materiali rispondeva all’intenzione di assegnare ai volumi precise valenze cromatiche e luministiche, la predilezione per una tridimensionalità schiacciata di matrice donatelliana nonché l’uso del colore, finalizzato a segnare un nuovo approccio nel superamento del tradizionale rapporto con la pittura, ritornano costantemente anche in epoca successiva. Nel 1986 Nunzio inizia a intervenire sul legno con cera, pece, carbone, pigmenti o piombo, presentando il frutto di questa sua nuova ricerca alla XLII Biennale di Venezia nella sezione “Aperto 86”, quando vince il Premio 2000 quale migliore artista.
Dopo di allora numerose sono le tappe di un percorso segnato dall’impulso di sperimentare tecniche diverse: del legno l’artista rinnega l’intrinseca piacevolezza, sottoponendolo a combustione per conferire ad esso una profonda colorazione nera; sceglie il piombo per la sua duttilità e per la peculiare caratteristica di assorbire e riflettere la luce; dei metalli predilige le ossidazioni, testimonianza di un vissuto che ne viola la purezza e la perfezione primigenia. Nell’ambito di una ricerca che nel corso dei decenni si riconferma alquanto variegata per ricchezza di soluzioni, il disegno non viene mai concepito come studio preliminare o subordinato alla scultura, ma nel linguaggio di Nunzio riveste un ruolo primario e una funzione sempre del tutto autonoma. In passato solo due furono le iniziative interamente dedicate a questa forma di espressione artistica. La prima fu la personale Confini tenutasi nel 1991 alla Galleria dell’Oca a Roma, accompagnata in catalogo da scritti di Ersi Sortilopulos, che riuniva lavori connotati da sagome nitide alternate ad altre evanescenti, campite ora a carbone ora con interventi a pastello. La seconda fu la mostra del 2006, itinerante negli Istituti Italiani di Cultura a Los Angeles, San Francisco e Vancouver, in cui la dimensione fuori scala e l’accostamento inusuale di carte dai diversi formati creavano effetti di illusione ottica, come se i tracciati definiti dal segno potessero dilatarsi e proseguire oltre i limiti del supporto bianco. Con un inedito progetto espositivo interamente rivolto proprio all’opera su carta la Galleria dello Scudo torna ora a dedicare una mostra all’artista, a sei anni di distanza dalla personale Ombre, a cura di Lea Vergine, allestita nell’inverno 2005-2006. La rassegna, in programma dal 10 dicembre 2011, riunirà un nucleo di lavori di recente esecuzione in cui per la prima volta l’artista sovverte la concezione tradizionale del disegno. Se sinora l’intervento grafico è stato spesso inteso come alternativo alla scultura, ora ne è parte integrante. La rassegna si apre con alcune opere del 2005, scelte tra quelle allora esposte alla Galleria dello Scudo, a segnare l’intento di tracciare una linea di continuità tra le sperimentazioni dell’epoca e quanto realizzato in seguito.Del 2006 è la carta di quasi tre metri di lunghezza, già presente nella rassegna itinerante negli Stati Uniti, in cui l’artista ripartisce la composizione in una fitta tassellatura, riconducibile alla struttura delle pedane su cui dispone le sue installazioni in legno combusto. L’andamento della griglia posizionata in alto, pronta a scivolare verso il basso, genera un senso di straniamento nel costruire prospettive inusuali, come se il peso del disegno potesse alterare l’equilibrio dello spazio.In un’opera di due anni dopo la verticalità dei segni sembra alludere a una selva di sottili aste annerite dal fuoco calate dall’alto, unite da un’ampia fascia che prelude alle larghe campiture nere che connotano i lavori successivi. Si giunge quindi agli esiti più recenti, che sul piano stilistico testimoniano un’evoluzione ulteriore rispetto al passato, azzerando l’uso dello sfumato e definendo con maggiore nitidezza i contorni. Le ampie forme geometriche enfatizzano un processo di sintesi formale imperniato sulla dilatazione e sull’addensarsi delle campiture. L’immagine viene ora messa a nudo, scarnificata, concentrata in nuclei più compatti, meno imperniata sulla traccia o sull’idea di fuga prospettica suggerita dalla linea curva e dal ricorso a zone d’ombra.Alcune opere si integrano di elementi in legno bruciato, a ribadire la volontà di azzerare qualsiasi distanza fra scultura e superficie bidimensionale. Imprimere un segno sulla carta o realizzare un oggetto possono quindi coincidere in un’azione comune in cui si annulla qualsiasi rapporto di alterità. In questo gioco di contrapposizioni l’intervento grafico accoglie la forma tridimensionale e la trasforma in elemento funzionale alla struttura definita sulla carta. In altri lavori fogli di piombo ricoperti da uno strato di carbone o di vernice scura, appaiono incisi in modo tale da lasciar intravedere il metallo sottostante, come graffiti nati per sottrazione e non per applicazione di materia.La carta giapponese è dunque la vera protagonista dell’esposizione, prediletta da Nunzio per le sue particolari valenze tonali e per l’intrinseca piacevolezza alla vista e al tatto. Nel disporsi in successione sulle pareti della galleria, darà corpo a una processione di spartiti monocromi, scanditi da sagome estroflesse o incise, da cui prende vita una sinfonia accordata su accenti imperiosi. Le carte accolgono il carbone e lo assorbono quasi a farne parte integrante, partecipi entrambi di una comune origine naturale: dal legno bruciato deriva il carbone, così come dal legno trae origine la carta. Larghe campiture di un nero profondo si aprono come finestre su un oscuro inconoscibile, come costante metafora delle forti contrapposizioni (luce-ombra, bianco-nero, giorno-notte) su cui si fonda la ricerca dell’artista.
GALLERIA DELLO SCUDO
ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
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