Gigi_Proietti14 luglio 2010 ore 21.15

Il debutto della Tempesta, che nell’ambito dell’Estate Teatrale Veronese inaugura il 62° Festival shakespeariano, sarà preceduto dalla consegna del 53° premio “Renato Simoni per la fedeltà al teatro di prosa” all’attore, regista, cantante e doppiatore italiano Gigi Proietti. Così ha deciso la giuria, formata dai giornalisti Michelangelo Bellinetti, Andrea Bisicchia, Franco Cordelli, Masolino d’Amico, Gastone Geron e Carlo Maria Pensa, e presieduta da Erminia Perbellini, assessore alla Cultura del Comune di Verona.

Gigi Proietti, nato a Roma il 2 novembre 1940, sviluppa molto presto la vocazione per il teatro. Conseguita la maturità classica, s’iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell’università La Sapienza di Roma e inizia a esibirsi, accompagnandosi con la chitarra, nei cabaret della capitale. Notato per la sua grande versatilità attorale da artisti e da produttori teatrali e cinematografici habitué della “dolce vita” che anima la capitale tra gli anni 50 e 60, inizia a lavorare per il Teatro Stabile di Roma e per il Teatro Stabile dell’Aquila, ma soprattutto in gruppi di ricerca, nel cinema, nel doppiaggio e per la televisione.
A partire dal 1964 l’attore ricopre ruoli di un certo rilievo nel Gruppo Sperimentale 101 diretto da Antonio Calenda e da un Andrea Camilleri che, non ancora celebre scrittore, è un brillante funzionario Rai delegato alla produzione di sceneggiati di successo come Il tenente Sheridan e Le avventure del commissario Maigret ma soprattutto è un regista attentissimo ai nuovi fermenti teatrali provenienti dall’estero. Non a caso Camilleri è il primo a portare in Italia il teatro dell’assurdo di Samuel Beckett mettendone in scena nel 1958 Finale di partita. In questa ottica di sperimentazione nel 1965 e nel 1968 Proietti interpreta anche due testi di Corrado Augias: Direzione memorie  e Riflessi di conoscenza. Dal 1968 ottiene ruoli da protagonista in spettacoli messi in scena dal Teatro Stabile dell’Aquila tra cui Il Dio Kurt di Alberto Moravia e Operetta di Witold Gombrowicz.
Nel 1969 è Coriolano nell’omonima tragedia di Shakespeare al Teatro Romano di Verona con la regia di Calenda. È un’edizione con un cast di grande livello: Agrippa è Mario Scaccia, Tuilio Aufilio è Roberto Herlitzka, Volumnia è Edda Albertini e Giunio Bruto è Virgilio Zernitz. Il primo grande successo a livello nazionale arriva nel 1970 quando viene chiamato a sostituire Domenico Modugno nel ruolo di Ademar in Alleluja brava gente per la regia di Renato Rascel. Nel 1974 recita accanto a due grandi del teatro italiano (Vittorio Gassman e Carmelo Bene) nella Cena delle beffe di Sem Benelli. Dal 1976 stringe un proficuo sodalizio con lo scrittore Roberto Lerici con cui scrive e dirige spettacoli come Leggero leggero, Come mi piace e A me gli occhi please, dove ha modo di scatenare la sua incontenibile verve di attore, cantante e imitatore guadagnandosi il consenso del grande pubblico. Un’altra grande svolta della sua carriera teatrale arriva nel 1978 quando assume la direzione del Teatro Brancaccio di Roma assieme a Sandro Merli. La lascerà nel 2007 per assumere quella del Gran Teatro di Roma. Dal 2005 è anche direttore artistico del Silvano Toti Globe Theatre di Roma.

Parallelamente all’attività teatrale intraprende sin dagli inizi della carriera anche la strada del cinema e della televisione ottenendo, dopo alcuni ruoli secondari, quello da protagonista, accanto a Tina Aumont, nell’Urlo (1968) di un allora sperimentale Tinto Brass. Nel 1974 Alberto Lattuada gli offre un ruolo drammatico nel film Le farò da padre. Il suo ruolo più celebre resta quello di Bruno Fioretti detto “Mandrake”, sfortunato scommettitore di Febbre da cavallo di Steno del 1976 (un cult che ha fatto nascere fans club e siti internet) di cui sarà realizzato nel 2002 il sequel Febbre da cavallo 2 - La mandrakata firmato da Carlo Vanzina. Con Vanzina tornerà a lavorare successivamente in Le barzellette (2004), Un’estate al mare (2008), Un’estate ai Caraibi (2009) e La vita è una cosa meravigliosa (2010). L’attore vanta anche una lunga esperienza nel campo del doppiaggio cinematografico: nell’arco di oltre quarant’anni ha dato la sua voce a Richard Burton, Richard Harris, Marlon Brando, Charlton Heston, Robert De Niro, Dustin Hoffman e Silvester Stallone. Per gli amanti dei cartoon, dà anche la voce, negli anni Sessanta, a Gatto Silvestro, il celebre personaggio della Warner Bros. Per il piccolo schermo partecipa a vari sceneggiati e programmi televisivi. Dal debutto nel 1966 con I grandi camaleonti di Edmo Fenoglio al Circolo Pickwick di Ugo Gregoretti (1967) con cui lavora nuovamente nello spettacolo molto innovativo Sabato sera dalle nove alle dieci del 1973: uno show dal taglio inconsueto, “non il tradizionale varietà – lo definì un critico di allora – con cui addormentano la gente, un tentativo meno qualunquista del solito”. Sul piccolo schermo Proietti raggiunge l’apice del successo nel 1975 con Fatti e fattacci diretto da Antonello Falqui. Negli anni Ottanta riappare con il suo celeberrimo Fregoli nel quale si cala nella parte di oltre settantacinque personaggi. Gli anni Novanta lo vedono impegnato in diverse fiction di successo. Dopo Un figlio a metà e Italian Restaurant, è il protagonista del Maresciallo Rocca il cui fortunato esito lo vedrà nei panni del sottufficiale della Benemerita per ben cinque stagioni.

Personalità multiforme e poliedrica tra le più complete della scena  italiana, è anche attore radiofonico di notevole successo nella trasmissione Gran Varietà nelle stagioni 1973-74 e 1975-76, compare in numerosi spot pubblicitari e partecipa all’edizione del Festival di Sanremo nel 1995 come Trio Melody con Peppino di Capri e Stefano Palatresi.
Intensa anche la sua attività di regista teatrale iniziata nel 1976 con A me gli occhi please e coronata da molti successi: da Stanno suonando la nostra canzone di Neil Simon a
Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand, da Liolà di Luigi Pirandello alla Pulce nell’orecchio di Georges Feydeau.
E proprio come regista, Gigi Proietti torna per la seconda volta (dopo avervi interpretato Coriolano nel 1969) al Teatro Romano: è nel 2001 quando dirige Albertazzi in Falstaff e le allegre comari di Windsor.


Questa la motivazione con cui la giuria gli ha conferito il premio:

«Da oltre quarant’anni, Gigi Proietti, dopo aver iniziato la carriera teatrale, sotto la guida di registi come Giancarlo Cobelli, Vittorio Gassman, Antonio Calenda, Carmelo Bene, Ugo Gregoretti, e dopo essere stato Direttore dello Stabile dell’Aquila, nel 1974 riscuote un grandissimo successo con A me gli occhi, col quale la critica e il pubblico gli riconoscono doti mattatoriali, oltre che la capacità di utilizzare segmenti, frammenti, fratture di testi come mezzi drammaturgici. I personaggi che interpreta, da questo momento, tra griglie di luce che frazionano lo spazio, costituiscono vere e proprie pagine di storia del nostro teatro, con ascendenze surrealiste, anche quando il grande attore porta in scena l’amato Petrolini. Capace di organizzarle, in una drammaturgia compiuta, Proietti riesce, inoltre, a combinare il sentimento del grottesco con un’ironia beffarda, sottilissima, a volte persino tragica, che evidenzia un’articolata polarità, oltre che un vivacissimo rapporto tra autore – testo e scrittura scenica».

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