giovedì 20 novembre
2008 ore 21.00
Teatro Nuovo di Verona
Monologhi e canzoni,
suggestioni sonore e storie di vita per i suoi fans (di ogni età) con
una band
di eccellenti musicisti formata da: Antonello
Mazzeo alla batteria, Davide De Caprio al contrabbasso, Stefano
Zaccagnini alle chitarre, Fabio Barnaba al pianoforte, Cristiana
Polegri al sax tenore e soprano.
Prevendita
biglietti
dal 30 ottobre alla biglietteria del Teatro Nuovo (dal lunedì
al sabato dalle 15,30 alle 21 tel. 045 8006100), Box Office in via
Pallone (tel. 045 8011154), filiali Unicredit Banca e filiali
collegate. Online su www.teatrostabileverona.it
e su www.geticket.it
Info:
Teatro
Stabile di Verona – Teatro Nuovo - Tel. 045 8006100 -
biglietteria@teatrostabileverona.it
www.teatrostabileverona.it
Organizzazione: Gregori Entertaimnet e Teatro Stabile
FRANCO CALIFANO: BIOGRAFIA
Se
fosse nato altrove, magari in America, oggi sarebbe annoverato tra i
guru di quell'élite rivoluzionaria targata "beat
generation". In Francia si parlerebbe di lui come di un
impenintente chansonnier. In Inghilterra, non da meno, per meriti
artistici si sarebbe potuto fregiare dell'ambito titolo di Sir. Da
noi invece, sebbene goda di un'indiscussa popolarità, la sua
figura oscilla tra l'altalenante gradimento di una cultura popolare,
storicamente dissonante e contrapposta: il mito, un Maestro, un
poeta, l'unico. Diversamente: trash, maledetto, eccessivo,
inaffidabile. In realtà, in quanto "sfacciatamente
italiano", Franco Califano appartiene a ciascuna fazione: poeta
maledetto, artista scomodo e, ovviamente, proprio per tutto questo,
unico. Del resto, basterebbe ripercorrere il suo excursus anagrafico
per capire quanto il destino abbia inciso nella formazione del
controverso personaggio. Originario di Pagani, piccolo centro del
salernitano, Franco Califano è nato tra le poltrone di un
aereo nel cielo libico. Era il 14 settembre del 1938. Benché
giovanissimo, animato da un'irrefrenabile irrequietezza, Franco non
perderà tempo ad incarnare gli stilemi comportamentali di chi
sa guardare al futuro con i propri occhi. Dopo le scuole
dell'obbligo, consumate nei cortili di severi collegi tra guasconate
ed appassionati baci, è costretto a frequentare un corso
serale di ragioneria perché, "rapito" dalla vita
notturna, non riesce a svegliarsi presto la mattina! È
affascinato dalla bella vita e dalle donne che, senza pudori,
contraccambiano. Califano, come poi canterà più volte
in seguito, ha sempre amato la notte. E lo dimostra con un
invidiabile profitto scolastico. Una sorta di Dr Jackyll e Mr Hyde:
la scuola e la boxe, i compiti e i locali da ballo. E se l'istruzione
gli regala le basi per non cadere nei tentacoli della manovalanza
(siamo nel Sud della rinascita), le notti di luna smussano desideri
ed ambizioni oniriche. Così, deciso a dare un senso alla sua
natura di "uomo contro", parte per Roma dove si impone nel
mondo dei fotoromanzi. Ma non basta. Sono gli anni della Dolce Vita e
via Veneto è un brulicare di divi e di sinuose bellezze.
Federico Fellini inventa i paparazzi ed inchioda la Roma papalina nel
"decadimento" mondaiolo. Califano ama la musica e canta. La
sua fame di novità lo porta a sperimentarsi con differenti
generi musicali: dalle ballate popolari sino agli standard a stelle e
strisce. E quando una bellissima attrice di quegli anni sta per
stringergli "il cappio intorno al collo", dopo una notte di
severa introspezione, Franco sceglie definitivamente la musica:
destinazione Milano.
È giovane ma ha le idee chiare, "la
pratica deve vincere sulla teoria", dunque spazio all'istinto e
all'amicizia. Le sue frequentazioni in ambito artistico lo portano a
collaborare con diversi artisti allora in voga che apprezzano il suo
modo di pensare. Scrive le prime canzoni anche se, pagando lo scotto
della gavetta, per diverso tempo si limiterà a comporre per
altri. Alterna la scrittura alle prime incisioni che in breve tempo
arrivano finalmente al grande pubblico. Califano piace. Alle donne
perché è "maschio", agli uomini in quanto
forte e sicuro di sé: è il perfetto play boy. Seguono
anni di grandi successi che culminano con un bellissimo "ellepì"
interamente cantato dalla grande Mina. Così, esaurito un
periodo determinante della nostra storia musicale, il "Califfo"
si trova inevitabilmente a dover fare i conti con l'avvento dei
cantautori. Impazza una sorta di anarchia: sono tutti contro tutto e
c'è un Paese intero che non riesce a stare al passo con un
mondo che sta rapidamente voltando pagina. Lui, nonostante i sofismi
che di giorno in giorno vanno a riempire i palinsesti musicali delle
cosiddette "radio libere", riesce a tenere i piedi ben
piantati per terra. L'esperienza di un'infanzia consumata in
provincia ha infatti rodato un carattere temprato da mille
difficoltà. Franco ha capito che preferisce da sempre la
qualità alla quantità. Mentre qualcuno, tra i suoi
colleghi, decide di affidare il destino politico e sociale
dell'Italia a una chitarra, lui continua a raccontare l'amore e gli
amici, la vita di tutti i giorni. Soffre l'impennata di quelli che
non esiterà a definire "falsi messia e mistificatori"
e, non senza dolore, prosegue il suo cammino evitando di
spersonalizzarsi. Personaggio "contro" e, per questo
condannato a pagare duramente ogni sua scelta, l'artista assurge alle
cronache dei giornali per una serie di frequentazioni e "costumi"
che la società di allora, pur essendone parte integrante, non
tollera. I cronisti, come api sul miele, si accaniscono. Califano
diventa il mostro, il vizioso. Dopo il rodaggio giovanile del
collegio, ora è costretto a patire anche l'umiliazione del
carcere. Una frustata, tra le tante che negli anni continueranno a
susseguirsi, di quelle "che piegano ma non rompono".
Nonostante lo scandalo ed i soldi mangiati da avvocati e cause
costosissime, come l'araba fenice il Califfo rinasce, si reinventa e,
con le unghie sanguinanti (agli arresti domiciliari, riesce persino
ad incidere un disco trasformando la roulotte in una sala di
incisione!), torna a toccare l'impervia vetta del successo. I
monologhi, alternati a canzoni di grande impatto emotivo, divengono
il suo cavallo di battaglia. La romanità, per alcuni soltanto
un dialetto, grazie a lui diventa una lingua. Franco è il
primo artista moderno capace di nobilitare il romano. Di lì a
poco alcune frasi tratte da sue canzoni divengono veri e propri
slogan, entrando a far parte del lessico quotidiano. Il pubblico lo
adora e la sua fama è trasversale: tocca le corde di tutti,
senza distinzioni sociali o anagrafiche. I media si sbizzariscono e
lui gongola: "il Prévert di Trastevere", "il
Brel romanesco", "il Pasolini della canzone", "il
Belli di quest'epoca", "un personaggio kafkiano".
Basti pensare che il severo testo critico-musicale incentrato sulla
"Storia della Canzone Romana", lo cita quale più
grande Autore vivente per "aver scritto la più bella
pagina della canzone dialettale Romanesca". Poi c'è la
filosofia di Califano, la magia di una frase che titola e che relega
all'eternità una canzone, forse la più "usata"
del suo pur lungo repertorio: "Tutto il resto è noia".
Un testo che, tra filosofia e pragmatismo, è stato oggetto di
discussione in molte aule scolastiche italiane.
E tra i numerosi
riconoscimenti che non finiranno mai di arrivare, singolare quello
"ordito" dal Comune di Borbona (Rieti), dove hanno pensato
bene, contro la legge, di fermare sulla targa di marmo: "Piazza
Franco Califano, musicista e poeta". Un caloroso tributo che la
cittadinanza, respingendo l'ordine della Magistratura, ha rifiutato
di rimuovere. Ma nonostante questo, "il Maestro" non ha
ancora avuto tutto il successo che merita. Perchè l'universo
Califano, in quanto tale, è in gran parte tutto da scoprire.
Come spiegare altrimenti gli entusiasmi della crescente fanzine
adolescenziale che lo vede citato anche tra i miti rappati dalle
attuali band hip-hop nostrane? (dagli Articolo 31 a Frankie Hi-Ngr,
dal Piotta a Ligabue con il quale Califano duetta "Certe
notti"). Artista troppo spesso (e volutamente) ascoltato poco e
male, e raccontato anche peggio, il Maestro ha all'attivo oltre venti
dischi e qualcosa come mille canzoni scritte. Che piaccia o meno,
egli ha firmato una moltitudine di emozioni portate al successo da
altri: da Mina a Renato Zero, da Lando Fiorini ai Vianella.
Ricordiamo ad esempio "La musica è finita" e "Una
ragione di più" (Ornella Vanoni); "E la chiamano
estate" (Bruno Martino); "Un grande amore e niente più"
(Peppino Di Capri), "Minuetto" e "La nevicata del '56"
(divenuti cavalli di battaglia dell'indimenticata Mia Martini).
Franco Califano è stato insignito della Laurea Honoris Causa
in Filosofia all'università di New York "per aver scritto
una delle più belle pagine della Canzone Italiana",
recita la motivazione. Per la cronaca, prima di lui la stessa
università aveva assegnato la Laurea a Edoardo De Filippo e
all'ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga.
Data inizio: 30-10-2008
Data fine: 20-11-2008