
regia Luca Zingaretti
con Luca Zingaretti
Sino a che punto la politica può condizionare l’arte? E svolgere un’attività artistica sotto un regime presuppone una connivenza o una tacita adesione a esso? Su queste tematiche coinvolgenti e sempre attuali si apre il 2014 del Grande Teatro che, per il primo appuntamento del nuovo anno – martedì 14 gennaio alle 20.45 al Nuovo – punta su un testo del drammaturgo sudafricano Ronald Harwood (1934), La torre d’avorio. Ne sono protagonisti Luca Zingaretti, che firma anche la regia dello spettacolo, e Massimo de Francovich. Il primo interpreta l’accusatore e l’altro l’accusato in un processo che deve stabilire se il famoso e apprezzato direttore d’orchestra tedesco Wilhelm Furtwängler (de Francovich) sia stato un sostenitore del nazismo visto che durante la guerra non ha mai lasciato la patria dove ha proseguito la sua attività nonostante le atrocità che Hitler stava compiendo. Siamo nella Berlino del 1946 e la “denazificazione”, ovvero la caccia a chi ha condiviso il regime o comunque non si è ribellato a esso, è in pieno svolgimento. Per il rozzo ufficiale americano, il maggiore Steve Arnold (Zingaretti), incaricato di svolgere le indagini su Furtwängler sottoponendolo a interrogatori umilianti, il direttore d’orchestra è irrimediabilmente colpevole e il fatto di non aver lasciato la Germania, al contrario di altri intellettuali, ne è un’inconfutabile conferma. Il musicista si difende senza tentennamenti affermando di non aver mai preso la tessera del partito, di non aver nascosto di detestare le politiche del Terzo Reich, di essersi prodigato per aiutare degli ebrei, di essersi esibito il meno possibile in occasioni ufficiali. «Sono rimasto in patria – si difende Furtwängler – per dare conforto, perché credevo che il mio posto fosse tra la gente e perché la cultura e l’arte non venissero spente». Un simile atteggiamento presuppone o no una collaborazione, un consenso, una complicità? Lo scontro-confronto tra questi due uomini, così diversi tra loro – quanto uno è colto e raffinato tanto l’altro deride la cultura e chi la rappresenta - è l’occasione, lo spunto, per comparare ideologie differenti. Chi ha ragione? Harwood non si pronuncia lasciando allo spettatore l’opportunità di scegliere.
Il titolo originale dell’opera datata 1995 è Taking sides (Prendere posizione) che sottintende proprio la necessità di schierarsi ma che negli anni è stato tradotto in vari modi. Nel 2001 il film che il regista ungherese István Szabó trasse dalla pièce (protagonisti Harvey Keitel e Stellan Skarrsgard) in Italia venne reso in modo anomalo con A torto o a ragione. Nello stesso anno la commedia di Harwood debuttò a teatro a Roma – con Arnoldo Foà e Renzo Giovampietro – con il titolo Colpevole d’innocenza.
L’allestimento teatrale in scena al Nuovo si avvale della traduzione di Masolino d’Amico che ha “ribattezzato” la commedia La torre d’avorio volendo alludere, spiega egli stesso, “alla condizione di orgoglioso isolamento che l’artista crede, forse a torto, di potersi permettere sempre”.
Con un passato di attore alle spalle, Harwood è autore di numerosi testi teatrali, il più famoso dei quali è Servo di scena (The Dresser) varie volte rappresentato in Italia. Il drammaturgo sudafricano è noto anche per le numerose sceneggiature cinematografiche (di film come Oliver Twist, Lo scafandro e la farfalla, L’amore ai tempi del colera e il recente Quartet che ha segnato il debutto dell’attore Dustin Hoffman nella regia). Per il soggetto del film The pianist di Roman Polanski, Harwood ottenne nel 2002 l’Oscar.
La torre d’avorio riprende eventi realmente accaduti: all’epoca Furtwängler fu realmente indagato e anche se poi venne scagionato la sua posizione rimase sempre un po’ ambigua.
Il grande pubblico conosce e ama Luca Zingaretti per il suo personaggio più popolare, quel commissario Montalbano che in tivù continua a riscuotere grande successo ma l’attore romano vanta una solida carriera in teatro (dove ha recitato in opere di Cechov, Elliot. Shakespeare e Fassbinder) e al cinema dove ha lavorato, tra gli altri, con Marco Tullio Giordana (Romanzo di una strage, Sangue pazzo), Mario Martone (Noi credevamo), Roberto Faenza (Alla luce del sole, I giorni dell’abbandono) e Daniele Luchetti (La nostra vita). Zingaretti torna a Verona a sette mesi di distanza dallo spettacolo Verdi, nostro Shakespeare in scena lo scorso giugno al Teatro Romano nell’ambito dell’Estate Teatrale Veronese. Nella Torre d’avorio il suo “contraltare” è un altro attore (pure lui romano) carismatico: Massimo de Francovich che iniziò la sua carriera teatrale debuttando assieme a Vittorio Gassman nel 1957 in un testo di Eugene O’Neil. Al teatro ha sempre poi alternato il cinema dove ha lavorato, tra gli altri, con Marco Tullio Giordana (Pasolini, un delitto italiano), Ermanno Olmi (Il villaggio di cartone), Roberto Andò (Viva la libertà) e Paolo Sorrentino (La grande bellezza).
Attorno ai protagonisti ruotano altri personaggi come la segretaria di Arnold e i testimoni chiamati a deporre, ciascuno dei quali partecipa in modo diverso allo scontro tra i due rivali. Con Zingaretti e de Francovich recitano Paolo Briguglia nel ruolo del tenente David Wills, Caterina Gramaglia (Emmi Straube), Gianluigi Fogacci (Helmuth Rode) e Francesca Ciocchetti (Tamara Sachs). Scene di Andrè Benaim, costumi di Chiara Ferrantini, luci di Pasquale Mari. La produzione è di Zocotoco.
Lo spettacolo approda al Nuovo sulla scia di un grande successo. Ha scritto Rodolfo Di Giammarco su Repubblica: «L’affanno spiccio molto ben espresso da Zingaretti nasconde, a guardarlo bene, una sottile fragilità, una paura, una paranoia. E l’attaccabile flemma di un talento universale della musica fa affiorare invece, grazie alle doti altre e decane di De Francovich, una personalità integra imperscrutabile». Sul Corriere della Sera Franco Cordelli ha annotato che “lo spettacolo di Luca Zingaretti è preciso, accurato, giustamente a servizio del testo”.
Dopo la “prima” di martedì, lo spettacolo replica tutte le sere sino a sabato 18 (sempre alle 20.45) mentre l’ultima recita, domenica 19, è alle 16.
Giovedì 16 gennaio alle 17 al Teatro Nuovo Luca Zingaretti, Massimo de Francovich e gli altri interpreti della Torre d’avorio incontreranno il pubblico. L’incontro sarà condotto dalla giornalista Betty Zanotelli. Un quarto d’ora prima, alle 16.45, è previsto un approfondimento del testo, un “invito alla visione” a cura di Simone Azzoni che parlerà, riferendosi alla pièce di Ronald Harwood in programma, di “libertà dell’artista”. Entrambi gli appuntamenti sono a ingresso libero.
Vendita dei biglietti al Teatro Nuovo (tel.0458006100) e tramite circuito GETICKET.
INFORMAZIONI tel. 045 8006100 e www.ilgrandeteatro.comune.verona.it
PREZZI BIGLIETTI SINGOLI SPETTACOLI
platea € 25,00
balconata € 22,00
galleria € 15,00
seconda galleria € 9,00