Scorci abbandonati dopo una catastrofe, resti fatiscenti e deserti di qualche periferia urbana consumata dalla polvere del tempo: teatri tristi, liturgie funerarie, architetture metafisiche. Silvano Tessarollo titola “Interni” le sue installazioni frantumate, anticlassiche, prive di ogni ripiegamento nostalgico. Interni, perchè non hanno nulla di monumentale, di solenne, di grandioso, quanto invece un che di declassato, rotto, marginale. L'artista non intende cioè ingabbiare le sue drammaturgie dentro forme risolte e chiuse, ma costruire creazioni non compiute, aperte, mutilate. Anche perchè, come ha detto Anselm Kiefer, “tutto ciò che facciamo tiene già in sé radicalmente la sua stessa negazione”: Ogni oggetto resta in vita, ma la vita si è irrimediabilmente allontanata da esso.
Ebbene, Tessarollo sembra lavorare proprio su ciò che si allontana e si dilegua; anzi, sembra dare corpo proprio alla sparizione. Non sono infatti gli “Interni/bagni” la messa in scena di un ordine prossimo a naufragare nel nulla? E non sono le gigantesche superfici in resina (coperte di cera, cenere, colori industriali, stoffe consunte) autentiche installazioni del disastro? Ma è ogni singolo elemento, qui, a richiamare un oscuro , illimitato inferno: l'aspetto abietto delle impalcature orizzontali (metà basamento/metà sepolcro), gli accessori per il bagno invariabilmente profanati, pareti e pavimenti assenti o sfondati, quasi a svelare fondamenta occulte. È come se tutto tendesse verso quel luogo dove le immagini si annullano o si mescolano in una metamorfosi infinita e inaccessibile.
Si tratta di cinque lavori realizzati nel 2007 e custoditi in casse “segrete”. Forse per garantire la loro integrità o forse per celare il loro inconfessato e febbrile mistero. Fino a qualche anno prima Tessarollo si era ingegnato attorno ai suoi “Mitici pupazzi” sempre indaffarati in faccende paradossali, come i protagonisti dei cartoon da cui provenivano. Essi si mostravano eccessivi, irriverenti, sconclusionati, ma pure corrotti, imperfetti, incompiuti. Anch'essi cioè, in qualche modo, già ostaggio di quella rovina abissale in cui sono immerse le spoglie desolate degli “Interni” (o anche le opere dei cicli di Umano è il nostro cielo e di Dies Irae, tutte realizzate nel giro di anni che vanno dal 2004 al 2009. Anzi, i pupazzi li ritroviamo “in carne e ossa”, anche tra questi relitti di mondo, con i loro tratti appesantiti o consumati, i loro colori vistosi, le loro pose caricaturali; maiali scuoiati, teste dilaniate di cani, pennuti ridotti a scheletri danzanti (da cui viene il titolo ironico della mostra “Prima che il gallo canti”). È vero, sono solo comparse, attori marginali, ma introducono in scena un'atmosfera di sospese ambiguità, tra il tragico e il comico, tra l'ilare e l'inquieto. È come se Tessarollo saggiasse di continuo lo spessore del dramma con l'acido della derisione o attraverso la comicità cercasse di guardare più a lungo il sole accecante del Niente.
Inizio evento | 10-10-2020 15:30 |
Termine evento | 16-01-2021 19:30 |
Luogo | Galleria la Giarina |
Categorie degli eventi | ARTE E MOSTRE |