dal 16 dicembre al 10 febbraio 2007
Il lavoro di Tonel, figura artistica di primo piano della cultura
latinoamericana dell'ultimo ventennio, è incentrato sulla necessità di
testimoniare delle dinamiche di natura psicologica e comportamentale che legano
l'esperienza del singolo a quelle della collettività, dunque del rapporto
complesso e contraddittorio tra l'individuo e la sua "storia", sia essa, nello
specifico, la realtà cubana o americana o, in una prospettiva più ampia, la
contemporaneità intesa in senso lato come condizione presente della quale tutti
siamo partecipi.
Dai disegni alle sculture alle opere di carattere
installativo, i suoi lavori, anche se caratterizzati dal prelevamento di
immagini appartenenti agli ambiti più differenti, dalla tradizione grafica
cubana alla fummettistica underground fino ai linguaggi "classici" di stampo
surrealista e neoavanguardista, mantengono l'immediatezza di un diario
giornaliero capace di trasformarsi, grazie all'utilizzo della caricatura, di una
comicità sarcastica e di una verve ironica da teatro dell'assurdo, in un luogo
privilegiato per osservare la realtà e attraversarne le tensioni: personali,
culturali, sociali ed ideologiche. Se nell'arte di Tonel, come nel teatro di
Beckett, l'assurdo diviene spesso la misura caratteristica dell'uomo -un essere
che aspetta qualcosa che non accadrà mai e che lui, anche se dovesse
Composta di 285 opere e divisa in 5 ampie sezioni, la mostra, a cura di Marco Goldin, per la prima volta in Italia tratteggia l’importante vicenda della nascita del paesaggio impressionista. Facendolo però da un punto di vista molto più dilatato e così storicamente fondato. Infatti, la prima sezione indicherà, attraverso l’opera di Constable e Turner, le maggiori preesistenze in Europa, al di fuori della Francia, nei termini della più elevata qualità quanto a una nuova interpretazione del paesaggio.
Non è inutile ricordare, tra l’altro, come Constable e Turner siano stati fondamentali, il primo in modo particolare per gli artisti di Barbizon e il secondo specialmente per Monet. Questo capitolo introduttivo sarà già l’affondo dentro una natura descritta e interpretata in modo assai diverso rispetto al XVIII secolo. Con Constable seguendo le vie di un realismo che si tramuta in lume nuovo sulle cose, e con Turner lungo i sentieri di quella dissoluzione della natura nella luce e nel colore che conteranno così tanto appunto per Claude Monet.
Trento - 11 novembre 2006 al 18 marzo 2007
Franz von Stuck (Tettenweis 1863 – Monaco 1928)
A ridosso della tempesta scatenata all’inizio del secolo scorso dalle avanguardie
europee, un pittore fece innamorare gli ambienti artistici di mezza Europa – Italia
compresa – grazie a una pittura fatta di perfezione formale, sensualità, sensibilità
decadente, diventando un protagonista e un punto di riferimento centrale per il
mercato e per la formazione di giovani artisti.
Una mostra di ricerca a cura di Alessandra Tiddia e Sergio Marinelli, e con la
direzione scientifica di Gabriella Belli.
Von Stuck, artista dalle eccezionali capacità pittoriche – ma anche scultore, incisore,
fotografo e disegnatore – è considerato, come scrive Sergio Marinelli nel saggio in
catalogo “L’ultimo dei grandi disegnatori prima della dissoluzione delle forme imposta
dalle avanguardie del Novecento”.
Dell’esposizione farà parte una tela mai esposta in Italia, il grande olio Lucifero del
1890, oltre a disegni, incisioni e spunti critici e biografici che permetteranno un’analisi
approfondita dell’opera di von Stuck.
Il Lucifero, acquistato dal principe di Bulgaria nel 1891 e oggi proprietà della Galleria
Nazionale d’Arte di Sofia, è una tela che è stata riscoperta solo recentemente, proprio
grazie alla collaborazione avviata dal Mart con l’ente museale bulgaro, e che sarà
esposta accanto ad altre opere del pittore tedesco.
In maniera analoga alla profonda impressione destata in Italia dall’opera di Max
Klinger – cui il Mart ha
dal 5 ottobre 2006 al 18 febbraio 2007.
A grande richiesta prorogate le mostre Tamara de Lempicka e Boccioni
Per il grande successo di
pubblico, che ha superato i 100.000 visitatori alla mostra di Tamara de Lempicka
(tra cui molti personaggi famosi come Seedorf, Lucio Dalla, Ottavia Piccolo,
Anna Kanakis, Olivier Dacourt, Rosalinda Celentano, Ambra Orfei, Valeria Marini)
e i circa 60.000 alla mostra di Boccioni, in occasione delle proroghe le due
mostre avranno un biglietto cumulativo e un orario più esteso.
La mostra Tamara de Lempicka ripercorre la carriera di questa affascinante artista polacca che visse in Russia, a Parigi, in Italia, per approdare poi negli Stati Uniti e passare gli ultimi anni della sua vita in Messico. Attraverso una meditata scelta di opere pittoriche, ma anche di disegni, documenti, fotografie, immagini di repertorio, viene ricreata l’atmosfera del tempo, i grandi eventi storici, ma anche le tendenze dell’arte a lei contemporanea, in un percorso che consente al visitatore di immergersi e di immedesimarsi nel mondo e nella vita dell’artista, piena di “glamour” ma segnata anche dai grandi eventi storici del Novecento.
Mantenendo costante il parallelismo tra la vita e l’opera di Tamara, la mostra si apre evidenziando il momento della fuga dell’artista dalla Russia all’Europa. Tamara, già
Vasco Bendini in mostra fino al 30 gennaio
Ampia personale con opere dagli anni cinquanta ai nostri giorni, di un importante protagonista e anticipatore dell’informale italiano. Vasco Bendini, nato a Bologna nel 1922, allievo di Virgilio Guidi e Giorgio Morandi, è stato uno dei pittori più seguiti e amati da Francesco Arcangeli che ha presentato le sue prime personali a Firenze, Milano, Roma negli anni cinquanta, anni in cui è nata la serie di dipinti “Gesto e materia” che proseguirà fino agli anni settanta.
Autore di raffinata cultura, solitario e schivo per carattere, ma eclettico e audace sperimentatore quando si tratta di affrontare l’opera, Bendini non volle mai riconoscersi in una scuola o corrente, tanto che negli anni sessanta la sua ricerca si spostò sull’arte oggettuale e comportamentale, precorrendo in qualche modo l’arte povera. Ma la pittura, sua più autentica vocazione finirà per vincere.
Questo ritorno darà vita negli anni successivi a nuovi cicli di lavori che, sempre di più, lo dichiareranno figura unica nel contesto della pittura italiana del dopoguerra. Unicità che si definisce forse proprio in quell’equilibrio “fragile, instabile, slittante” che Arcangeli aveva letto già nei suoi primi lavori, unito a quell’”accentuazione dello spirituale” che eleva la materia a poesia.
Presente a tre edizioni della Biennale di Venezia nel 1956-1964 e 1972,
La quinta edizione della Biennale d’Arte Postumia "Giovani Camerae Pictae" nasce in concomitanza con le celebrazioni dedicate al quinto centenario della scomparsa di Andrea Mantegna.
Per l’occasione gli spazi di Villa Ippoliti, sede del Museo d’Arte Moderna di Gazoldo degli Ippoliti, si aprono a dieci giovani artisti selezionati dalle curatrici Paola Artonie Antonella Gandinie chiamati a intervenire negli spazi del museo rielaborando personalmente la poetica di Mantegna (in termini di spazialità e prospettiva, psicologia dei protagonisti, rapporto con la classicità,…).
In mostra sono i lavori di Paul Beel, Francesca Conchieri, Leonida De Filippi, Luca Francesconi, Junko Imada, Mario Piavoli, Paola Risoli, Spazio Visivo(gruppo composto da Paolo Cavinato, Anna Stradae Stefano Trevisi), Nicola Vinci, Dania Zanotto.