B._Peinado_-_Geremia

Il collezionista che presentiamo in questo numero è il “classico” collezionista, che acquista per vivere ogni giorno accanto all’arte, in quella che è la dimensione domestica, ma anche in quella che è la dimensione lavorativa. Parliamo di Alberto Geremia, medico di famiglia, specializzato in cardiologia, che si divide tra due ambulatori, dove riceve rispettivamente i mutuati e chi è affetto da particolari patologie cardiache.

Collezionista classico, perché il mondo dell’arte, soprattutto in Italia, deve la sua vitalità a persone come il dott. Geremia che nell’arco di 25 anni arrivano ad acquistare anche un centinaio di opere che collocano con armonia nell’ambiente quotidiano (abitazione o studio che sia).

Geremia però un po’ speciale lo è, perchè tra le pareti di casa è riuscito a raccogliere opere significative di arte contemporanea (principalmente italiana), ma soprattutto perché  fin dall’inizio si è posto una regola: acquistare un quadro alla volta (anche a rate), senza che la passione arrivi a “pesare” sul bilancio e le necessità della famiglia (la moglie medico e i due figli, oggi studenti universitari, n.d.r.).

 

A quando risale il tuo interesse per l’arte contemporanea?

Frequentavo l’ambiente studentesco della sinistra, la casa editrice/libreria di Bertani, dove alle pareti erano appese alcune opere grafiche (ricordo dei Mirò) e artisti veronesi impegnati come Manara e Meloni. Ero appena uscito dal Liceo e mi rendevo conto di non sapere nulla di arte. Così ho cominciato a leggere, a consultare pubblicazioni di “storia dell’arte” (soprattutto contemporanea). In quel periodo ad esempio anche Schifano faceva dipinti fondati sull’idea della militanza politica, quadri legati alla Cina, a Mao. Più o meno negli stessi anni ho conosciuto Luigi Berardinelli e ho cominciato a frequentare la sua Stamperia che allora era vicino a Ponte Pietra, a S. Stefano. Ero studente universitario e ho cominciato ad acquistare qualche grafica. Credo che la prima in assoluta sia stata un Gentilini enorme. In seguito ho preso fogli di Mirò (La storia di Ubu), di De Chirico e un Duchamp che ho ancora.

 

   E il primo lavoro non grafico qual è stato?

Una palma di Mario Schifano, sempre da Berardinelli. Primo lavoro non grafico e opera più importante comperata nel ‘79 (anno in cui mi sono sposato). Dovevo scegliere tra quel dipinto (una colata di colore rosso su un foglio di Corriere della Sera, con le impronte delle scarpe) e un’opera di Balla.  Dalle ricerche fatte in seguito ho scoperto che dovrebbe trattarsi della seconda “palma” fatta, un “soggetto” molto amato da Schifano e che riprenderà infinite volte e con tecniche diverse. Ma rimane comunque un’opera piena di energia e di dinamismo materico.

 

   Vedo che hai ancora i lavori appesi alle pareti, lavori acquistati più di 20 anni fa…

Ho iniziato a collezionare grafica prima degli anni 80. Tranne qualche pezzo la grafica l’ho in seguito rivenduta. Dall’82,’83 però non ho più venduto nessun lavoro, neanche come parziale “scambio” su nuovi acquisti.

 

   Perché?

Perché i lavori acquistati appartengono alla mia storia. All’inizio la mia “storia” non era ancora ben chiara, precisa. Viviamo in un mondo dove le “proposte artistiche” sono illimitate. Arrivare a una scelta è il frutto di una intensa ricerca personale. Più affino la mia capacità di sentire, attraverso la visione diretta, lo studio, il dialogo con altri collezionisti e operatori del mondo dell’arte, più aumenta la mia capacità di scelta. Quando in una determinata opera mi rendo conto che c’è un valore che oltre ad appartenere a me appartiene anche agli altri, quando questa appartenenza diventa generale, si tratta di un’opera d’arte.

E’ chiaro che chi ha maggior capacità di sentire arriva ad acquistare lavori che si rivelerenno poi essere importanti anche da un punto di vista economico!

 

   Guardandomi un po’ attorno, direi che hai avuto un ottimo fiuto (un’ottima capacità di scelta).

I lavori che vedi non li cederei neanche per il doppio del loro valore. Condivido quello che ama ripetere Panza di Biumo (uno dei più importanti collezionisti di arte contemporanea del mondo n.d.r.): “Se tu ami l’arte, l’arte ti ama. Ti ripaga. Però a lungo termine.” Ci sono dei lavori che ho pagato una cifra e che oggi valgono 100 volte tanto. Ma non era questo il mio obiettivo: non ho mai acquistato pensando di fare un investimento economico. Però questa “rivalutazione” ha avuto un effetto positivo inaspettato: ha accresciuto la stima dei miei familiari. C’è stato un periodo in cui mio padre, mia madre, i miei suoceri di fronte a 6 milioni spesi per acquistare un quadro dicevano: “Ma cosa fai? Butti via i soldi?”.

 

   Tua moglie ha sempre condiviso questa passione?

Sì. Ad un certo punto avevamo smesso di collezionare perché non sapevamo più dove mettere i quadri, noi li compravamo per “viverli” e non per “possederli” e avevamo diradato le visite alle gallerie, alle mostre. Ma poi questo clima fervido e questa ricerca intensa ha cominciato a mancarci e abbiamo rincominciato ad acquistare con tutto ciò che questo comporta.

 

   In città che gallerie frequenti più spesso?

Ho cominciato frequentando la galleria di Enzo Ferrari, ancora quando era in via Oberdan. Il primo “impatto” con Enzo, come da copione, non è stato felice. Volevo acquistare un’opera di Valerio Adami. Aveva dei bellissimi disegni. Lui mi ha come snobbato. Ma era un suo modo per mettere alla prova un nuovo, potenziale cliente. Se il visitatore ritornava, voleva dire che era veramente motivato. Poi Enzo aveva scoperto che ero il figlio di un suo grande amico (erano stati balilla insieme). Da quella volta sono diventato suo amico. Avevo preso l’abitudine di passare quasi ogni giorno dalla galleria. E proprio da Enzo ho conosciuto Giorgio Fasol (altro collezionista già intervistato n.d.r.) instaurando con lui un rapporto di profonda stima e solidarietà. Con Giorgio sono entrato nel giro delle altre gallerie veronesi (Studio La Città, Cinquetti, Toni de Rossi…) e delle grandi gallerie italiane.

 

   Qualche nome?

Negli anni 90 ho frequentato moltissimo Milano e in quel periodo la persona che ho frequentato di più è stato Paolo Vitolo che poi ha chiuso la galleria per aprire una libreria. Ma posso citare anche la galleria Continua di San Giminiano, Massimo Minini di Brescia, Neon di Bologna, Mase di Torino, Zero di Piacenza e, tornando a Milano, Massimo De Carlo ed Emi Fontana.

Ogni opera ha una sua storia. Non ho seguito, come invece suggeriva Enzo Ferrari, un filone, non ho fatto una ricerca monotematica.

 

   Rimpianti per qualche lavoro non acquistato?

Mi ritengo un piccolo collezionista, anche se ho il privilegio di frequentare grandi collezionisti. Questi normalmente non sono semplici professionisti ma imprenditori con alle spalle aziende importanti e arrivano ad avere un parco opere anche 2000 unità.

Nel periodo in cui frequentavo Vitolo, negli anni ‘90, avevo la possibilità di acquistare dei lavori di Cattelan, della Beecroft e della Abramovich. Tra questi autori avrei voluto prendere la Abramovich, ma ero già impegnato in altri affari e non sono mai venuto meno alle mie “regole” d’acquisto.

Negli anni ‘80 invece non presi un’opera di Tancredi durante la fiera di Bologna. Il quadro era esposto in una galleria che aveva opere piuttosto scadenti. Ma quel Tancredi era stupendo e sembrava dirmi proprio “prendimi”. Ho sempre cercato di non fare acquisti compulsivi e così mi sono deciso il giorno dopo, quando la fiera era ormai finita. Non avevo preso appunti per rintracciare la galleria e la quotidianità mi assorbì lasciando al suo destino il Tancredi.

 

Oltre agli autori già citati e pubblicati in queste pagine che dire? La collezione è composta da opere scelte che vanno da Schifano, Angeli, Festa, a Dorazio, Griffa, Costa, Mondino, a Plessi, Duchamp, Beuys, Manzoni, fino ai giovani Peynado, Marisaldi, Alessandra Tesi, Flavio Favelli... 

Vorrei segnalare che nello studio di medicina generale appena ristrutturato oltre a qualche lavoro è stato posizionato un monitor dove posso presentare video di artisti contemporanei che mi faccio prestare da un amico collezionista. Questa settimana i pazienti in attesa possono vedere un video della Morgantin (foreste tagliate in Russia che vuole indurci a non sprecare le risorse), mentre la settimana scorsa c’era il video di Adrian Paci (albanesi che accendono luci della speranza). In precedenza avevo trasmesso bellissimi video di divulgazione su Michelangelo, Caravaggio, Botticelli, spesso con opere liriche in sottofondo.

 

E così un luogo di cura del corpo, attraverso l’arte, può trasformarsi in luogo di cura dell’anima: le immagini che scorrono fanno compagnia inducendo a sintonizzare il proprio pensiero sulla bellezza a sulla profondità di forme e contenuti.

 

Mara Vicentini

Commenti   

#2 giorgio tozzi 2012-10-30 10:55
Fa enormemente piacere sapere che ci sono ancora collezzionisti appassionati di opere d'arte e che si fanno accompagnare ogni giorno da esse.
#1 ferrari mauro 2012-07-26 09:42
buongiorno come potrei mettermi in contatto con geremia alberto?grazie
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