Chiusa dal 13/10 (pomeriggio) al 17/10

Sul fondo della sala, come un telero all’estremità di un’abside, si alza una grande tela di Emilio Vedova del ciclo dedicato a Varsavia (‘64): segni bianchi e neri che escono come figure o ospiti ingrati e spettrali. Tutto un movimento di frammenti e di schegge fatte di luce, di colore, di forma, di materia. E lì, accanto, uno Studio (‘53) intimo, quasi sacrificato su se stesso, di Licini: un’immagine che sa di “geometria angelica”, un triangolo bianco-rosso dalle evidenze straniate di stendardo dentro un colore blu pieno e pulsante.
Più in là un Felice Casorati del ‘16 che riprende “un gruppo di famiglia in un interno”: una pittura che iscrive i corpi in un metro di classica compostezza e di sospesa quotidianità. E, appresso, La canzone del Piave (‘29) di Ettore Beraldini con le figure disposte a formare un simbolico distacco dal reale, amplificato dallo specchio a parete che suscita un ulteriore senso di distanza.
I 28 lavori che la “Fondazione Domus per l’arte moderna e contemporanea” sta presentando al pubblico veronese e non, nella sua sede di Palazzo Pellegrini fino al 27 agosto (sede inospitale, soffocante per cotanti capolavori) pare far prospettiva sui due poli intorno ai quali si è mossa tutta l’arte italiana del ‘900 e che sono un po’ la proiezione dei due grandi movimenti della nostra avanguardia nostrani: ossia il Futurismo, che considerava l’opera come una trasformazione radicale dello spazio sensibile di esperienza, e la Metafisica, avvinta a un progetto definitivo di astoricità, con tutto un repertorio di segni che non sono altro che resti testimoniali di qualcosa che non esiste più. Così, da una parte possiamo collocare Morandi con la sua Natura morta (del ‘41), vera rovina in formato ridotto o Campigli con le sue rievocazioni arcaiche, etrusche, preclassiche, dall’altra Boccioni con Ritratto di signora (‘11), tutte sintesi, vibrazioni, mobilità o un Balla ancora divisionista, ma già idolatra della luce.
L´amministratore delegato della Fondazione Gino Castiglioni parla giustamente di una “Fondazione bancaria capace di competere con quelle straniere”. Ma soprattutto di “Istituzioni Bancarie che valorizzano anche a livello di mercato, gli artisti italiani”.
È chiaro che investire non è solo una strategia di promozione dell’immagine dell’Azienda, ma una parte integrante del processo produttivo, in grado di fornire all’utente preziosi e innovativi valori aggiunti: l’Associazione infatti con l’arte coinvolge aspetti emotivi e personali che vanno aldilà della normale attività dell’Azienda. E, aggiunge, sempre Castiglioni, “seguire l’arte contemporanea è il modo migliore per comprendere il tempo in cui si vive”. Tutto bene, solo che non vorremmo vedere acquistare alle aste opere a prezzi record, come succede con il mercato dei calciatori (vedi il caso della Donna che nuota sott’acqua, di Arturo Martini acquistata a più di 2 milioni di euro o le Bagnanti di Giorgio Morandi prese a 1,1 milione di euro). E poi non ci si venga a parlare di contemporaneo, quando l’anno dell’opera più recente esposta è il 1966. In quarant’anni ne sono successe di cose. È il sistema stesso dell’arte che è cambiato. E una Banca dovrebbe sapere che cosa vuol dire investire, scommettere, anticipare le tendenze del mercato. Altrimenti meglio, molto meglio i magnifici Van Wittel, Bellotto, Ferrari, Calvi, Bezzi, Santoro esposti nella stessa rassegna dall’emblematico titolo “La città e altri capolavori”.

Visite guidate gratuite, dal lunedì al venerdì alle ore 17.00






Data inizio: 01-10-2005
Data fine: 26-10-2005
Orario: da lu a ve: 10.30/12.30, 16.00/19.00 sa: 10.30/12.30 ingresso e catalogo gratuiti
Luogo: FONDAZIONE DOMUS
Indirizzo: Palazzo Pellegrini - Via Forti 3/a 37121 Verona
Telefono: 0458057433
Fax: 0458057326
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