Data mostra: 7 luglio - 8 ottobre.

In un breve testo Fernando Pessoa racconta di essere su un treno e di fissare il ricamo del colletto di una donna. Osservando questo semplice dettaglio, gli si aprono davanti agli occhi le filande da cui è uscito il filo, gli operai, le sarte, fino ad entrare nella vita domestica e nei segreti più intimi di tutta quella gente che può aver collaborato affinché la donna portasse quel piccolo filo di seta che le orlava il collo. Quando alla fine scende dal tram, è completamente stordito dalla sensazione di aver vissuto tutta una vita. E’ un brano spesso riportato da Luigi Ghirri. Basta niente – spalancare una finestra, scendere le scale, camminare lungo un fiume - per arrivare in capo al mondo. Forse era per questo che egli apriva l’obiettivo all’infinito. Lo faceva per allargare lo spazio dell’immagine e andare a scovare le cose che si perdono all’orizzonte. Una sua foto dell’85 porta un titolo alla Borghes: “Le strade sembrano andare sempre nello stesso punto e quindi da nessuna parte”. E’ un richiamo a un concreto inafferrabile, dove ogni cosa è visibile e nient’altro. Ma è anche un modo per sfuggire alla moltiplicazione ossessiva delle immagini che rende il mondo esterno sempre più denso e opaco, tanto che già Cèzanne un secolo fa ci invitava “a far presto qualcosa prima che tutto scomparisse”.

Ghirri è per un’immagine che evita gli effetti facili, immediati e che favorisce invece una lettura più lenta, un maggior tempo di riflessione, capace di far vedere oltre il visibile, o meglio di far vedere il pensiero che abita il visibile che si è voluto inquadrare. Il che corrisponde all’idea secondo cui la fotografia è un “esercizio mentale”, un’azione del guardare connessa ai ricordi, ai bagliori della memoria. Nebbie padane e improvvisi cieli azzurri sulla campagna, statue di santi ai margini della carreggiata e cancellate che aprono sul vuoto, bar di periferia e fuochi notturni, serre e campi di pallone: niente è insignificante, niente è immeritevole d’attenzione. “Fotografare, per me, scriveva lo stesso Ghirri, è come osservare il mondo in uno stato adolescenziale, rinnova quotidianamente lo stupore; è una pratica che ribalta il motto dell’Ecclesiaste: niente di nuovo sotto il sole. La fotografia sembra ricordarci che non c’è niente di antico sotto il sole. Ogni scatto rinnova la percezione delle cose, ogni immagine rimanda a un’altra già fatta o da fare: è come un frammento di vita, una frase da comporre in racconti che idealmente non finiscono mai.

Le 109 foto che compongono la mostra degli Scavi Scaligeri sono state realizzate per il libro dal titolo “il profilo delle nuvole” ideato assieme allo scrittore Gianni Celati e pubblicato nel 1989. Esse approdano a Verona dopo la fortunata anteprima di Los Angeles, a testimonianza della collaborazione e dell’impegno di realtà pubbliche e private: il Comune di Verona, la Riello Group Energy e la Banca Popolare di Verona. Esposizione rara, da non perdere.

Tutte le domeniche, con il solo costo del biglietto d’ingresso, è possibile partecipare alla visita guidata della mostra alle ore 11.00

Orario:

  • da martedì a domenica: 10.00 - 19.00 (la biglietteria chiude alle ore 18.30)
  • Lunedì chiuso
  • chiuso il 15 agosto

Biglietti:

  • intero: 4,10 Euro
  • ridotto: 2,10 Euro
  • ragazzi fino a 14 anni e scolaresche: 1,00 Euro



Data inizio: 21-06-2006
Data fine: 08-10-2006
Orario: da Martedì a Domenica 10-19. Chiuso il lunedì
Luogo: CENTRO INTERNAZIONALE DI FOTOGRAFIA SCAVI SCALIGERI
Indirizzo: Cortile del Tribunale - 37121, Verona
Link: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Telefono: 045/8007490/8077504/7532
Fax: 045/8077239
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