16 giugno – 5 agosto 2007
Ha scritto Kandinskij che bisogna “imparare dagli alberi, perché essi fanno
tesoro di ogni clima, di ogni terra, di ogni cielo”. Essi sono pieni di tempo e
di inesauribili possibilità visive: soprattutto sono figure sciolte da ogni
fissità fisica e trapassano le une nelle altre come elementi dinamici e vitali.
Ma come può l’arte far presa su questo oggetto di natura, se proprio la natura
oggi va sempre più perdendo peso, profondità, senso?
I dieci artisti
presenti in mostra non vogliono certo affidarsi ai “nidi sonori e favolosi di un
tempo o naufragare in quelle lontananze in cui la natura era incontaminata”
(Zanzotto): non ci sono nella loro opera tracce di nostalgia e forse neppure
indizi di utopia. Casomai un nuovo modo di vedere il mondo, di interrogarlo, di
interpretarlo. Del resto, il titolo della rassegna, “Epifania di un albero”, più
che a una dimensione contemplativa allude a una dimensione attiva, a qualcosa
che ha a che fare con un evento (con un fatto che succede, fluisce), cambiando
tutti i nostri abituali schemi percettivi.
L’epifania infatti si rifà alla
manifestazione di un essere occulto o spirituale. Per cui l’albero (inteso anche
nell’accezione dilatata di vegetazione, paesaggio, natura) è assunto nella sua
valenza intima di forza vitale, di fiato, di anima: di mito archetipico che
ritorna, anche se come una sorta di “oggetto smarrito” e ritrovato o come un
fantasma che riappare o addirittura come una entità che ci dice qualcosa di più
della sua stessa presenza. Forse, come ci suggerisce Merleau-Ponty, qui è
proprio l’opera che ci guarda, è l’immagine che ci fa segno, sono le materie che
non solo si lasciano vedere, ma che anche ci fanno vedere (e capire).
Dall’argentina Karina Chechik, che nella sua videoinstallazione mette a
confronto sintesi clorofilliana e sistema sanguigno del corpo, ai totem
metamorfici di Chiara Castagna, dove la figura dell’albero pare abitata da forze
arcane, ai progetti di Fabrizio Plessi che “giocano” tra rappresentazione e
realtà amplificando l’elemento ligneo per mezzo di sottili interventi
tecnologici, a Piero Gilardi che attraverso una serie di apparati informatizzati
crea un “Vitigno danzante” che si anima, si accende, muove i rami alla minima
sollecitazione, a Silvia Vendramel che realizza una specie di foresta di Birnam
utilizzando un intrico di reperti di fusione; e ancora a Paolo Vallorz che dà
conto di tronchi e radici con una pittura forte, vibrante, solida, a Mario
Schifano con le sue Palme, “dove il colore diventa segno, il campo pittorico
sagoma, la saturazione cromatica assenza”, a Fabio Grassi che mette in moto uno
sguardo ravvicinato, facendo diventare la materia una sorta di calco di
corteccia, a Pier Toffoletti con grandi foto che danno l’impressione di una
emozionata immersione nel fitto del bosco, a Carlo Mattioli che esprime una
poetica capace di tradurre l’affiorare alla coscienza di illuminazioni che
vengono dall’osservazione di una natura infinitamente cangiante.
In
tutti gli artisti presenti non si tratta mai di riprodurre il mondo com’è, ma di
voler moltiplicare le investigazioni, di tentare, di esplorare. C’è un senso che
lega tutte le opere, un senso che si nasconde, riappare. Riaffiora per
trasformarsi. Si dissimula senza essere simulazione. Si altera senza con ciò
perdersi. Un senso che si realizza in una nuova conoscenza e visione del mondo.
Data inizio: 14-03-2007
Data fine: 05-08-2007
Orario: feriale 15,30-19,30; festivo 10,00-12,30 15,00-19,00; martedì chiuso
Luogo: Palazzo Pretorio
Indirizzo: via Marconi 30 - 35013 Cittadella (PD)