fotografie di Jean-Luc Thaly
Fnac Verona – via Cappello 34
Dal 6 dicembre 2006 al 9 gennaio 2007
(…) Il comune di Lisbona ha da sempre messo delle panchine pubbliche in alcune zone della città: i moli del porto, i belvedere, i giardini da cui si domina il mare. Sono molti coloro che vanno a sedersi lì. Tacciono, con lo sguardo perso in lontananza. Cosa fanno? Praticano la “Saudade”. Cercate di imitarli. Certo, è un cammino arduo, le sensazioni non sono immediate, talvolta l’attesa dura persino degli anni. Ma, lo sappiamo, la morte è fatta anche di questo.
Antonio Tabucchi
Tratto dal libro “I volatili del Beato Angelico”.
Thaly pensa che dovrebbe camminare ancora un’ora o due per sfruttare appieno la sua giornata. Stare lì con gli altri, facendo finta di niente e, in un momento preciso e improbabile, prendere la sua macchina fotografica, caricarla, regolare, inquadrare, scattare, poi ritornare a camminare o a passeggiare. Dopo ogni inquadratura, immagina sempre la foto che ha appena fatto, la vede sulla carta con i suoi occhi, ne ascolta la stampa; il fotografo contempla la propria memoria. In quel momento, Lisbona, per lui e forse solo per lui, è un’amica al presente. La sensazione della sua foto si attenua e può dedicarsi di nuovo alla stretta di quelle strade che si inerpicano sulle colline, di quel vento che viene da lontano, di quegli abitanti che sono dei personaggi, di tutti quegli odori che sono delle fragranze. Prenderà sicuramente la funicolare prima di sera. Sedersi sulle panchine di legno, girare la testa a sinistra o a destra, servirsi dei vetri per delimitare il campo, sentire il rumore della macchina, contemplare la strada stretta e cogliere un volto. Vuole vedere il Tago, perdere tempo all’imbarcadero, in mezzo a gente frettolosa. Sa che per questi eterni viaggiatori da una sponda all’altra, sarà trasparente come i gabbiani che seguono la corsa dei battelli. Thaly vorrebbe non farsi vedere, eppure vedere tutto. Riprende la sua corsa sulle strade lungo il fiume. L’aria è atlantica, con il gusto speziato dell’Africa. Ha il profumo della partenza per viaggi lunghi e incerti, ha l’odore del commercio secolare e della conquista dell’immaginario. Vuole un po’ di benessere e, se possibile, prima di sera. Vuole fare le sue foto in silenzio. Può fare la foto a caso, con la Leica stretta forte contro la pancia, trattenere il respiro quando scatta e continuare a guardare il suo modello anonimo che, se la foto è buona, avrà la grazia di esistere ben oltre la sua morte.
Si ricorda di quando faceva il fotoreporter in un’altra epoca, quasi un’altra vita. L’essenziale era essere visto per vedere bene, fare rumore per farsi sentire, fare la foto per far leggere i giornali. In questo silenzio che ora è il suo, sente il fado mentre guarda la città. Lisbona è una musica di cui non capisce le parole ma con una melodia che lo fa stare così bene. Una storia di uomini che piangono per non essere abbastanza forti e magnifici da raggiungere il cuore delle donne che saranno sempre troppo belle e loro non possederanno mai. Thaly vorrebbe che queste foto avessero il suono di questa cantilena, il gusto di questa nostalgia. Creare l’umano e il bello, ecco la meta delle sue peregrinazioni, dei suoi giri nella città bianca bagnata dalla luce strana degli spazi insulari, come se la capitale fosse un’isola che in modo insensibile andasse sempre più alla deriva del continente. Afferma che la contemplazione è un lavoro. Stendersi di peso sul letto nella camera della pensione, chiudere gli occhi e contemplare i profumi del bacalao nei piatti strapieni, che si vuoteranno nel corso di conversazioni rumorose e animate, con uno schermo televisivo in fondo alla sala, su cui una partita di calcio infinita si protrarrà ben oltre la serata. Lisbona si concede una tregua necessaria per lo spazio del sonno notturno. Il fotografo non dorme, pensa a tutte le immagini della giornata. Afferma persino che, in questo momento di solitudine estrema, egli ascolta la città aggrapparsi ai suoi sogni per tenergli compagnia fino all’indomani. Incrocerà altri sguardi, ritornerà ad essere invisibile, si lascerà trasportare dai flutti in movimento della città con la speranza folle di ritrovare il senso perduto di un’esistenza sconosciuta che, eppure, gli è così vicina. Thaly dice che Lisbona è una bella città per morire, ma dice anche che è un buon motivo per continuare a vivere.
Eric Perrot
Biografie
Jean-Luc Thaly è nato nel 1951.
Nel 1971, fa il suo primo reportage in Irlanda del Nord ( Belfast – Derry ).
Il suo incontro con Henri Cartier-Bresson nel 1972 lo porterà per cinque anni a fotografare il mondo delle corse dei cavalli in Francia e in Inghilterra.
Nel 1974-75, collabora con l’agenzia Viva.
Dal 1976 al 1980, percorre il Sud America e l’Europa e nel 1977 pubblica una monografia, intitolata Lignes d’en Face, Edizioni Polgomeck.
Ritorna in Irlanda nel 1981 per dedicarsi a questo paese fino al 1995. Questo suo lavoro viene esposto alla Fnac nel 1997.
Dal 1998 al 2001, fotografa Lisbona.
Attualmente sta realizzando un progetto su Istanbul.
Dal 1988, Eric Perrot è direttore artistico per progetti di lavori fotografici istituzionali su ordinazione ed è anche curatore di mostre. È inoltre autore di numerose prefazioni e di testi, soprattutto per la casa editrice Filigrane e privilegia un approccio narrativo quanto più possibile vicino all’immaginario del
Data inizio: 06-12-2006
Data fine: 09-01-2007
Orario: Lun-sab: 9.30-20 Domenica: 10.30-20
Luogo: Fnac Verona
Indirizzo: via Cappello 34
Telefono: 045 8063811