dal 1 giugno al 4 novembre
L’immensa vastità delle steppe che dalle foci del Danubio si estende
fino al cuore profondo dell’Asia, ai limiti delle “Civiltà”, ha
suscitato da sempre l’attenzione di geografi, storici e scrittori.
Dominate per millenni da guerrieri nomadi che eccellevano nell’uso del
cavallo e dell’arco, le steppe sono state fonte e luogo privilegiato
per narrazioni mitologiche e celebri pagine di letteratura. Le fonti
scritte che parlano di popolazioni nomadi come gli Sciti, i Cimmeri, i
Sarmati, gli Unni, gli Avari e i Goti, sono influenzate dall’immagine
di popoli selvaggi restituita, a partire da Erodoto, da altri storici
greci. Sono popoli che non hanno lasciato testimonianze di città,
monumenti o testi scritti: la loro storia e la loro cultura è affidata
ai preziosi oggetti d’oro rinvenuti nelle tombe dei principi. Proprio
questi simboli di potere e di prestigio dell’aristocrazia nomadica,
scoperti dall’Ottocento fino ai nostri giorni nei sepolcri che
punteggiano le ampie steppe dell’odierna Ucraina, sono il filo
conduttore della mostra Ori dei cavalieri delle steppe che aprirà al
Castello del Buonconsiglio di Trento il 1 giugno 2007.
Si tratta di circa 400 oggetti, provenienti dai più importanti musei
dell’Ucraina e in gran parte presentati per la prima volta in Italia:
armi sontuose, preziosi gioielli, diademi, orecchini, braccialetti ma
anche finimenti di cavallo da parata, servizi cerimoniali per il
simposio e il banchetto, risalenti ad un arco di tempo compreso fra il
primo millennio a.C. e l’invasione dell’Orda d’oro (i Mongoli) nel XIII
secolo d.C.
Rispetto alle rassegne che negli ultimi trent’anni hanno fatto
conoscere in Italia alcuni di questi popoli (la prima fu a Venezia nel
1977), questa mostra si propone di offrire una nuova prospettiva di
lettura relativa alle espressioni comuni e peculiari delle classi
dominanti delle civiltà nomadiche, alla luce di fonti scritte,
archeologiche ed etnografiche, a partire dall’Ucraina, porta orientale
d’Europa e crocevia di antiche popolazioni nomadi che hanno
profondamente influenzato la storia dell’Occidente.
Dagli antichi geografi e storici la qualifica di “nomadi” e il
conseguente stile di vita “barbaro” è messo in netta contrapposizione
con quello greco, fatto di polis- città con un proprio ordinamento
socio-politico stabilizzato. Per oltre due millenni, dall’età del Ferro
fino al Medioevo, si è consolidata nell’area eurasiatica l’immagine
stereotipata di un netto contrasto fra nomadismo-allevamento, da un
lato, e sedentarietà-agricoltura dall’altro. La realtà appare però
decisamente più complessa, dal momento che sono note più forme di
organizzazione socio-economica e strategie differenziate di sussistenza
del nomadismo.
Una forte antitesi fra il mondo “civile” e quello barbaro e selvaggio
riguarda in particolare il banchetto, la pratica più connotante e
caratterizzante dell’ideale aristocratico greco, e l’uso del vino che
viene messo in contrapposizione alla costumanza dei nomadi di bere
latte, tanto è vero che nell’epica omerica sono indicati come
“mungitori di giumente”, una qualifica che attesta anche l’allevamento
di cavalli nel quale eccellevano i nomadi.
Il percorso si apre con una sezione a carattere introduttivo, dedicata
alle culture di agricoltori e allevatori sedentari del IV-III millennio
a.C. attestate nelle steppe prima dell’affermarsi delle popolazioni
nomadiche. Fra gli oggetti di maggiore interesse spiccano statuette in
terracotta che rappresentano idoli o divinità (secondo parte degli
studiosi la Dea madre), e un rarissimo modello di carro (una kibitka
del I-II sec. d.C) proveniente dal museo di Odessa che restituisce
l’immagine della “casa mobile” dei nomadi. In mostra vi è anche un
modellino di abitazione in argilla, carico di significati simbolici. Il
singolo ritrovamento di analoghe “case in miniatura” nella parte
nord-orientale della Bulgaria fa ipotizzare che questi modellini di
casa rappresentino lo spirito protettore della casa e del villaggio.
Nella seconda sezione, per evocare la mobilità dei nomadi sarà esposta
anche una splendida Yurta, la grande tenda di feltro e legno in uso
presso le ultime popolazioni semi-nomadiche dell’Altaj. All’interno
della tenda si potrà respirare l’atmosfera suggestiva della vita nelle
steppe, grazie anche al variopinto arredo originale costituito da
tappeti, mobilio, finimenti per cavalli e oggetti dalla valenza
cerimoniale e simbolica. La tenda, concessa straordinariamente in
prestito dall’Università di Bologna è stata recentemente restaurata
(www.sma.unibo.it.)
Nella terza sezione si entra nell’immaginario fantastico e mitologico
dell’arte animalistica, la più alta espressione artistica degli antichi
nomadi delle steppe. Qui l’attenzione è catturata in particolare da una
splendida coppa rituale, interamente d’oro, decorata ad altorilievo da
sei teste di cavallo la cui disposizione circolare sembra suggerire la
ciclicità delle stagioni e del tempo e dalle forme sinuose di un
piccolo delfino in oro e cristallo di rocca.
Nella quarta sezione il visitatore avrà la possibilità di addentrarsi
nella ricostruzione ideale di un grande tumulo funerario, il Kurgan la
tomba dei cavalieri nomadi dove venivano sepolti gli esponenti
dell’aristocrazia principesca con il corredo funerario. Punto di
riferimento geografico, sorta di “piramide” all’interno dell’ampio
spazio delle steppe, il tumulo era luogo simbolico dei valori
culturali, sociali e sacrali di un’intera comunità.
La quinta sezione è dedicata allo sfarzo e al lusso che
caratterizzavano lo stile di vita, l’abbigliamento e il gusto delle
principesse nomadiche. Splendidi ornamenti d’oro che richiamano
complessi ricami sono affiancati a pendenti e orecchini in materiali
preziosissimi che manifestano il gusto quasi smodato dei nomadi per il
lusso.
Grande attenzione merita in questa sezione il girocollo con pendente a
farfalla, in oro e paste vitree del I secolo d.C., presentato per la
prima volta in Italia, e rinvenuto lungo le coste del Mar Nero che si
richiama ad un modello documentato nella tomba di una principessa dei
Sarmati sepolta nella steppa di Budjok.
Il soggetto della sesta sezione è il trionfo del principe nomade e del
suo potere politico, militare e sociale, espresso nelle spade rivestite
d’oro, nelle cinture ornate da sontuosi elementi e negli elmi che
sottolineano la forza e l’autorità dei cavalieri delle steppe. Tutta la
ricchezza e la sontuosità dello status principesco è inoltre espressa
nei pettorali d’oro, d’argento e pietre semipreziose, autentici
capolavori di orafi raffinatissimi destinati a celebrare sovrani in
vita e dopo la morte.
La settima sezione raccoglie rappresentazioni in oro, argento e
terracotta di cavalieri dominatori delle steppe, elaborate bardature in
oro e argento per la testa dei cavalli, alcune di recente scoperta, che
testimoniano come anche l’ornamento del destriero dovesse rispecchiare
l’alto rango del principe.
In mostra vi saranno gli innovativi morsi di cavallo in uso presso
le tribù dei Cimmeri tra l’VIII e il VII sec. a.C. che attraverso
scambi con le aristocrazie del centro Europa modificarono le tecniche
di combattimento a cavallo.
Vasi di manifattura greca e corni potori per la mescita del vino con
rivestimenti figurati in oro, elementi principali del banchetto, sono
alcuni dei tesori raccolti nella ottava sezione , dedicata ai contatti
e scambi tra Oriente e Occidente. In mostra anche una serie di pedine e
pezzi in avorio degli scacchi, gioco per eccellenza di simulazione di
battaglie e catture. La vita aristocratica dei principi delle steppe è
esemplificata da numerosi oggetti in materiali preziosi che ben
attestano, oltre allo sfarzo e alla ricchezza della loro vita di corte,
anche gli ampi e profondi rapporti culturali esistenti fra le
popolazioni storiche del Mediterraneo e il mondo delle steppe.
Numerosi sono i capolavori d’arte, così come gli oggetti dal
significato magico-religioso, rituale e simbolico legati al potere
degli sciamani nella nona sezione, dedicata alla religiosità e al
culto. Specchi in bronzo con il manico zoomorfo, vasi decorati con
figure di animali, coppe rituali d’oro e d’argento e ancora un
elaboratissimo coronamento d’asta con la raffigurazione di una divinità
e diversi pendagli sono esposti insieme ad un particolare vaso aureo
decorato con scene di lotta animale sbalzate su quattro registri
differenti.
La mostra è curata da Gianluca Bonora, specialista in archeologia
dell’Asia e da Franco Marzatico, direttore del Castello del
Buonconsiglio di Trento. Il progetto allestitivo, che si sviluppa su
1400 metri quadrati in 14 sale, è a cura dell’architetto Michelangelo
Lupo. Modelli e ricostruzioni a cura di Luigi Giovanazzi. Il comitato
scientifico è costituito da Gianluca Bonora, Maurizio Cattani, Sergey
Chiakovsky, Paul Gleirscher, Maria Teresa Guaitoli, Dionis Kozak,
Franco Marzatico, Giuseppe Passatelli e Maurizio Tosi.
Data inizio: 01-08-2007
Data fine: 04-11-2007
Luogo: Trento, Castello del Buonconsiglio
Indirizzo: centro città
Link: http://www.oridellesteppe.it/