Dal 7 marzo al 16 marzo 2014 Unicredit Art Gallery Via Garibaldi, 1
Orari di apertura: tutti i giorni dalle 9 alle 19
Quando l’invisibile diventa visibile emerge tutto il fascino di elementi che all’occhio umano sono impercettibili.
Infinitamente ospita l’esposizione itinerante della Royal Photographic Society (RPS), portata in Italia dal Capitolo Italiano della RPS (CIRPS), dedicata alla fotografia scientifica: settanta straordinarie immagini – realizzate da studiosi che operano in diversi settori, tra cui alcuni italiani – nate con il fine di illustrare la ricerca scientifica e renderla più comprensibile al pubblico.Mondi solitamente visibili solo grazie all’uso del microscopio e del telescopio, come un minerale di grafite, l’occhio di un coleottero o una goccia di sangue, vengono rivelati attraverso la luce polarizzata o fluorescente o grazie a tecniche speciali, quali la fotografia ad alta velocità. Microrganismi e minerali, fenomeni naturali ed oggetti d’uso quotidiano possono così essere osservati sotto una spettacolare prospettiva altrimenti invisibile.
Mostra realizzata in collaborazione con UniCredit.Realizzata in collaborazione con la Royal Photographic Society
26 ottobre 2013 – 26 gennaio 2014
Inaugurazione: sabato 26 ottobre ore 11.30
Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri,
Cortile del Tribunale, Verona
a cura di Denis Curti.
Più di 180 le immagini raccolte in dieci sezioni – tra cui una dedicata alla città di Verona -, che tracciano i momenti fondamentali dell’attività di un protagonista assoluto del fotogiornalismo
italiano, capace, come pochi altri, di rendere leggibile la complessità del mondo
Dai suoi scatti in bianco e nero traspare una straordinaria capacità di esporre le storie senza pregiudizi. Berengo Gardin racconta la vita politica, i cambiamenti sociali, gli eventi che hanno
segnato la storia dell’Italia, oltre che momenti di vita quotidiana nelle strade, gli incontri casuali con le persone, i gesti spontanei. Le sue immagini - alcune ormai riconosciute come patrimonio visivo
degli italiani - narrano la realtà con rigore e sensibilità, ponendo sempre al centro dell’attenzione l’uomo e la sua dignità, e suscitando nello spettatore interrogativi sulla società che lo circonda.
La mostra è presentata dal Comune di Verona, in collaborazione con la Casa dei Tre Oci di Venezia, Fondazione Forma per la Fotografia e Civita Tre Venezie
Aperta al pubblico da martedì a domenica ore 10.00 – 19.00 (lunedì chiuso).
Tutte le domeniche alle ore 11.00 visita guidata compresa nel biglietto d’ingresso.
Biglietti: intero 7,00* euro; ridotto 5,00*
14 dicembre 2013 – 18 gennaio 2014
Inaugurazione sabato 14 dicembre ore 18.30
"Il paesaggio si rispecchia, si umanizza, ripensa in me. Io lo oggettivizzo, lo traduco, lo fisso sulla mia tela". Così confessava Paul Cézanne nel suo ostinato, furioso tentativo di dare un volto all'enigma della visione. Non era la realtà in sè ad interessarlo, ma il modo di vederla, sentirla, ascoltarla, quasi di coincidere con essa. Ebbene, anche l'intero percorso pittorico (e grafico) di Ebe Poli (Verona 1901 – 1993) sembra la manifestazione di un desiderio di abbracciare con amore l'incanto del vedere: di vedere tutto, la realtà come l'irrealtà, la natura come il sogno, il colore compatto come il segno corroso.
Ma a differenza di Cézanne che indagava un paesaggio per ricostruirlo e assestarlo secondo un rigido ordine geometrico, Ebe Poli opta per una visione che comprende una molteplicità di punti di vista. Lei ha bisogno di rendere ogni cosa mobile, vibratile, pregna di umori. Ed è come se, al di là delle idee di spazio e colore, cercasse una sorta di animazione interna, un irraggiarsi del visibile oltre se stesso e i propri limiti. E, questo, fin dagli anni trascorsi a Burano, accanto ai vari Mario Vellani Marchi, Moggioli, Gino Rossi, Semeghini: gli scorci non sono mai descritti,
Architetture del caso, labirinti del dubbio, misure del sogno. La ventina di opere che l'artista mantovano Luca Rossi presenta, al primo sguardo sembrano fondarsi su una geometria intesa come equilibrio, armonia, ordine. Ma basta poco per rendersi conto che la composizione è in realtà formata da un infinito accumulo di tracce, pieghe, sovrapposizioni. Il tutto dipende dal fatto che per l'artista un quadro non è mai veramente finito: egli lo prende, lo lascia, lo recupera, per aggiungervi sempre ulteriori segni, innesti, rinvii. Il suo obiettivo è quello di farne una struttura aperta: non più una semplice relazione con lo spazio, ma una presa di coscienza dello spazio stesso e della sua dimensione.
Non essendo un matematico né un filosofo, egli non tenta di dimostrare che la sua opera è un modello di bellezza, ma la interroga, la esamina come fosse un corpo vivo, palpitante. Così, alla fine, più che la struttura delle varie figure, conta seguire il procedimento di esecuzione, importa osservare la costruzione interna dell'opera, la sua ossatura, proprio come quella di un corpo umano o di un edificio: un'ossatura discreta, che a volte si fa persino dimenticare, ma che sostiene l'intera impalcatura del quadro. Del resto il lavoro
Protagonista già dall'inizio degli anni '40 dell'avanguardia artistica italiana in una Venezia particolarmente attiva con la rinascita delle storiche Biennali e la presenza di figure significative come quella di Peggy Guggenheim, Vedova entra ben presto in un circuito che travalica i confini nazionali.
Se nell'immediato dopoguerra l'asse Roma-New York favorisce un dialogo tra le nuove istanze dell'espressionismo astratto americano e il