05_Emil_Lukas_Making_Circles_1999_Courtesy_Studio_La_CittA cura di Lucio Pozzi

23 settembre - 16 ottobre 2011

Ex Mercato della Frutta - Valeggio sul Mincio (Verona)

Al Mercato della Frutta, nel centro di Valeggio sul Mincio, un classico edificio in stile Art Deco del 1938 abbandonato da anni, in mostra, prima che venga restaurato o smantellato, dal 23 settembre al 16 ottobre prossimi, Nel Frattempo/meanwhile, a cura di Lucio Pozzi, artista del gruppo originario di PS1, la scuola di New York, che nel 1975 divenne il primo spazio alternativo dell'arte.

I muri scrostati, le rimanenze di intonaci e arredi della lunga storia dell'immobile, entrano in dialogo con le opere di alcuni artisti, molto diversi fra loro, sparse dentro il grande ambiente.

Invece di un tema comune, a connetterle saranno il vuoto che le circonda e l'indefinibile differenza che le distingue.

Partecipano Giacinto Cerone, Arthur Duff, Bruna Esposito, Sara Faccin, Andrea Fogli, Raffaella Formenti, Armida Gandini, Jeff Hendricks, James Hyde, Alison Knowles, David Lindberg, Emil Lukas, Hector Mamet, Filippo Manzini, Paolo Masi, Albano Morandi, Giovanni Morbin, Lucia Pescador, Giordano Pozzi, Luca Pozzi, Lucio Pozzi, Roberto Pugliese, Giovanni Rizzoli, Fabio Sandri, Lorenza Sannai, Nida Simaokrot, Fulvio Testa, Blair Thurman.

02_Raffaella_Formenti_Paciamandola_3D_Digitale_Terrestre_2005-11

Nell'epoca moderna, le persone d'arte sembrano costringersi ad associare la loro opera a definizioni, programmi o dichiarazioni elaborate, al fine di distinguerla sia dal passato, anche recente, sia dalla massa di eventi artistici che ci circondano. Meno l'arte assolve funzioni costituite e più essa sembra dimenarsi allo scopo di legittimare i propri eventi in confezioni che la limitano.

Sovente gli alibi usati sono le formule della novità o dell'originalità, oppure l'artista si sente in dovere di decriptare per lo spettatore le motivazioni del suo operato, quello che crede essere il suo soggetto o contenuto. Alcune rare volte, l'enunciazione dei motivi reconditi che sottendono un'opera è davvero indispensabile per aumentarne la fruizione, ma spesso essa non fa' che limitare il contributo creativo dello spettatore, incanalandolo nell'agenda dell'artista e o dell'interprete.

Lucio Pozzi ritiene che l'arte si sia finalmente liberata dalle dipendenze alle quali era stata sottomessa per secoli. La sua nuova libertà fa paura a molti. Nel panico di ritrovarsi senza agganci sui quali ci sia comune accordo, molte persone inventano costrizioni che facciano eco agli antichi consensi perduti. Perfino la spinta a liberarsi da vecchi conformismi, nell'avanguardia del XX secolo e nei suoi epigoni di oggi, si ritrova mummificata in formule parassitarie.

04_Hektor_Mamet_S.D.F.-S.V.P_2009_Courtesy_Artericambi

In questa mostra il curatore tenta di evitare le trappole della 'spiegazionite' acuta, il virus che soffoca l'arte moderna. Cerca di attivare al massimo grado e con modestia 'il farsi ed esserci' dell'opera.

Le varie prospettive e memorie qui presentate si intessono nell'immensa varietà di materiali, idee e processi che ogni autore o autrice sceglie come campo nel quale esercitare la sua fantasia e il suo intelletto.

Lucio Pozzi desidera che il senso della mostra si riveli, anche a lui stesso, solo dopo che è stata costruita.

L'artista di questo nostro tempo discontinuo e in perenne oscillazione, è solo. Non è solitario, perché dialoga con altri per i quali sente simpatia intellettuale, ma è solo perché da solo gestisce le proprie decisioni senza riferimenti sicuri, condivisi dalla comunità. Anche chi guarda o ascolta è solo, disorientato dalla molteplicità di orizzonti che trova in arte. Questo per Lucio Pozzi è un grande passo avanti nella coscienza artistica globale. Non si possono perdere di vista i vari contesti entro i quali avviene il discorso d'arte, ma la solitudine delle persone che in esso si impegnano, rende viva, come mai prima, la creatività individuale di tutti coloro che di arte si interessano.

"Quando guardo, seguo un semplice criterio: se dopo aver enumerato tutti i fattori che riconosco in un'opera non rimane niente che mi sfugge del tutto, allora perdo interesse" dichiara il curatore, che nella scelta delle opere da esporre ha pensato di affidarsi al suo intuito soggettivo, focalizzato su questo luogo e questo assembramento di opere. "Mi affido alle affinità che sento con l'arte di artisti che ho visto in giro e che hanno stuzzicato la mia attenzione, perfino con l'arte di amici, parenti e conoscenti, alcuni dei quali ho incluso perché ne sento la rilevanza in questo contesto specifico. C'è anche un'opera mia" afferma.

Il titolo Nel Frattempo implica presenza fra un prima e un dopo. Il disusato Mercato della Frutta di Valeggio sul Mincio è denso di stratificazioni. Poste in un luogo come questo, le opere d'arte sono da un canto incontrovertibili nell'essere lì dove sono poste, d'altro canto cambiano. Dovunque esse siano, mentre la loro aggiunta modifica l'ambiente, essa anche assorbe dal luogo le sue forme, luci, ombre e storia.

09_Lucia_Pescador_Dispersi_1997-2010_Courtesy_Lattuada_Studio_Milano

Nel Frattempo indica transitorietà. Non tutte le opere qui presentate sono state fatte specificamente per questo sito, alcune sono nate anni fa, ma messe in questo contesto fanno pensare al passaggio più che alla durata. Sotto tutto il rumore polemico che cresce intorno all'arte contemporanea, oltre le certezze arbitrarie e competitive riguardo la qualità di questa o quella forma d'arte, Lucio Pozzi sente un esilarante e malinconico senso di precarietà nella nostra cultura artistica: esilarante, perché lo proietta verso una permanente allerta a esercitare l'attenzione in un modo che non può dar nulla per scontato; malinconico perché oppone la permanente conferma della caducità della vita all'innata speranza di vivere in eterno.

Sia questo edificio così impregnato della sua storia sia l'arte che in esso viene ora temporaneamente posta, sono entità in transizione.

"Una ben articolata precarietà mi attrae più delle soluzioni finali sempre cercate dai moderni e sempre destinate o allo sfacelo o a fossilizzarsi. Sono affascinato dalla simbiosi fra opera d'arte e luogo di esposizione, che esso sia il cubo bianco o un locale dismesso. Sono affascinato da questo tanto quanto sono sedotto dalla simbiosi fra chi l'ha fatta e chi guarda. Fra i due si forma un contratto, una tensione insostenibile dalla quale scaturisce l'intensità dello scambio, dello sguardo inevitabilmente legato al momento. Pur essendo radicata nel reticolo della sua storia e delle sue condizioni di riferimento, l'opera si situa più in quel momento che in tutte le gabbie nelle quali sia l'artista che lo spettatore tentano poi di recintarla. Le opere qui presentate sorgono da svariatissime narrative personali e sociali che in questa sede non sento compito mio decifrare, proprio per non ricominciare a rinchiudere un dialogo aperto. Esse contengono diversi livelli di accessibilità e sarà interessante udire il brusio dei commenti contradditori che esse provocano. In certune si riconoscono temi più ovvii, in altre i temi sono nascosti. Alcuni visitatori si troveranno delusi mentre altri sentiranno stimoli profondi ai loro sentimenti e pensieri. Ci sono costruzioni e proiezioni e perfino dei suoni. Anche la pittura applicata a mano su superficie piatta e rettangolare, eterno e spesso controverso termine di paragone dell'arte moderna, è qui presentata in due forme fra le più abusate, la geometria e il paesaggio, riscoperte proprio perché sentite come campi fertili di fresca creatività dopo il loro esaurimento apparente" Lucio Pozzi.

Location:

Spazio dell'ex Mercato della Frutta, piazza della Repubblica – Valeggio sul Mincio (VR)

 

Lucio Pozzi è nato a Milano nel 1935.

Dopo aver vissuto qualche anno a Roma, dove ha studiato architettura, nel 1962 si è recato negli Stati Uniti, come ospite dell'Harvard International Summer Seminar. Dopodiché si è trasferito definitivamente a New York, prendendo la cittadinanza americana.

Attualmente divide il suo tempo tra lo studio a Hudson (NY) e quello di Valeggio Sul Mincio (Verona).

Nel 1978 il Museo d'Arte Moderna di New York espone i suoi primi video, in una delle prime mostre personali del Progetto Video series. Scrive e insegna per la Cooper Union, Yale Graduate Sculpture Program, Princeton University e il Maryland Institute of Art.

Attualmente insegna anche nei programmi MFA e BFA della Scuola di Arti Visive di New York.

I suoi lavori sono stati presentati a Documenta 6 (1977) e alla Biennale di Venezia (Padiglione Americano) nel 1980.

Le sue opere sono conservate in numerose raccolte private e pubbliche.

«I Prossimi 475 Anni Della Mia Arte E Della Mia Vita è sia una conferenza, che un'opera d'arte. L'ho presentata per circa trent'anni sempre con lo stesso titolo. Pur contenendo un nucleo fisso di immagini, essa cambia lungo gli anni a seconda delle circostanze. In questo evento mi muovo di continuo e salto da un'idea all'altra, non tanto per spiegare, ma per tracciare l'evoluzione di una maniera di pensare arte. Descrivo come ho capovolto i canoni dell'arte concettuale e analitica della mia generazione, per farne, invece che un punto di arrivo, un punto di partenza. Da allora, vivo l'arte a tutto campo, in tutte le sue possibilità. Ho scelto di andare in cerca dell'intensità e dell'ispirazione, in un continuo avvicendamento di esperienze differenziate. Penso che la coerenza di stile e significato non dipendano dalle formule, ma si rivelino senza calcoli preliminari nella pratica dell'artista. Fra gli esempi portati inserisco anche una breve azione.» (LP 2007)

Pozzi è un artista segretamente sovversivo. Il primo scandalo avvenne nel 1978 nel tempio del Concettualismo, la galleria di John Weber a New York, quando espose paesaggi in acquerello, pochi mesi dopo aver presentato un'immensa installazione di muri e fotografie nello stesso spazio. Quando poi, nella prima delle Mostre Provocazione, nel 1980 ancora da Weber, riunì 80 lavori tutti riferiti alla pittura, ma uno radicalmente diverso dall'altro in forma e materiale, molti pensarono che Weber e Pozzi fossero diventati matti. Nell'imbarazzo generale, quasi nessuno seppe cosa scriverne. Seguirono grandi esposizioni dello stesso genere in musei e gallerie private: all'Università del Massachusetts in Amherst, alla Kusthalle Bielefeld e al Karlsruhe Kunstverein, allo Studio Carlo Grossetti di Milano e nel 1984 nella mostra in tre gallerie di New York (Leo Castelli, John Weber, Susan Caldwell). Ancor oggi, ci sono musei e gallerie che organizzano sia Mostre Provocazione, che Mostre Aperte (più limitate) di Pozzi, mentre continuano anche le esposizioni di singole famiglie di lavori.

Sembra che, da quegli anni, sono ormai molti gli artisti diversificatori, le cui pratiche sono accettate dal mondo dell'arte, ma l'insistenza di Pozzi a dipingere sia quadri figurativi che astratti, a costruire entità fotografiche e nel contempo a produrre azioni e a fabbricare installazioni e a produrre video, pare ricevere interesse soprattutto fra le giovanissime generazioni.

L'insegnamento è per Pozzi un'ulteriore maniera per contestare i dati comunemente accettati e sondare la pratica artistica nel tessuto dell'arte moderna. Invece di gridare slogan sensazionali, egli pratica una sottile, capillare, individuale, caso per caso, infiltrazione guerrigliera.

powered by social2s