Location è una parola molto in voga che designa il luogo scelto per un evento. Un luogo spesso pensato per stupire, per avvalersi del suo prestigio storico o estetico. Regioni e Province, ad esempio, per l'ambientazione di film, mettono a disposizione luoghi o palazzi del loro territorio, garantendo facilitazioni economiche di vario genere.
Ormai non si può organizzare nessun evento senza una location particolare. Che si tratti di uno spettacolo, di uno spot pubblicitario, di un servizio fotografico, di una sfilata di moda, di una cena o di una mostra. Sì, perchè a parte l'attività istituzionale di musei e gallerie con la loro spesso ingessata programmazione, per le manifestazioni occasionali o periodiche si scovano location sempre nuove. L'Arte Contemporanea poi ha il vantaggio di interagire con l'ambiente e di prestarsi ad essere esposta negli spazi più diversi. Sia che si tratti di luoghi abbandonati e in attesa di ristrutturazione (archeologia industriale, forti militari, capannoni dismessi) o di ambienti adibiti ad altri usi, come Musei Archeologici, della Scienza, foyer di Teatri, ecc. In occasione di particolari esposizioni sono stati aperti al pubblico perfino palazzi storici privati, Orti e Giardini Botanici, Camere di Commercio, Istituti di Anatomia e Grandi Magazzini. L'impiego di spazi occasionali usualmente è escluso per motivi di sicurezza (delle opere esposte o dei visitatori).
A nostro avviso è opportuno non sottovalutare queste opportunità legate al mondo dell'Arte Contemporanea. Visitare una mostra può coincidere con la visita ad un luogo prestigioso e normalmente non accessibile: una struttura architettonica antica, nuova o ristrutturata da grandi architetti. Per sfruttare uno slogan pubblicitario: “compri due e paghi uno”. E il costo del biglietto è alla portata di tutti. In qualche caso addirittura gratuito.
Un'unica perplessità: queste location che per far cassa spesso accettano ogni tipo di proposta, non rischiano di diventare luoghi che mescolano indistintamente celebrazioni, feste, creatività? La banalità, il cliché, il kitsch è sempre dietro l'angolo...
Andare indietro per raccogliere frammenti di tempo, di oggetti e immagini. Un rewind alla "Mappa dell'arte 1883-1984", pubblicata e allegata al numero 128 di Flash Art. Quanti lettori della storica rivista la ricordano? E quanti la conservano ancora? Sulla mappa, in una colonna sul lato destro, sono inserite alcune note esplicative e una legenda in italiano e in inglese. Il breve commento dell'editore Giancarlo Politi inizia con "questo curioso grafico di Franco Gentilucci ..." e la nota più lunga e dettagliata dello stesso Gentilucci racconta di "una sfida alla scientificità critica" costruita su tre direttrici: l'area geografica, la scansione temporale (con in evidenza il periodo dei due conflitti mondiali) e il succedersi dei gruppi, delle scuole, delle tendenze artistiche... Oltre duecento le voci analizzate (Espressionismo, Cubismo, Surrealismo... Cobra, Nouveau Réalisme... Body Art, Arte Povera), infinite le fonti consultate per segnalare nel modo più preciso possibile la data di nascita e di estensione di un movimento.
A colpo d'occhio, direi che questa tavola sinottica è ancora valida, utile e piacevole da consultare. Meriterebbe, di diritto, di circolare tutt'oggi nelle aule delle Accademie.
Nella mappa compaiono tutti i più importanti movimenti del periodo oggetto della ricerca. Alcuni sono un po' da specialisti del mestiere: come, ad esempio, i "Musicalisti francesi", gruppo attivo in Francia a partire dal 1913, che conta tra i suoi esponenti Valensi, Charles Blanc-Gatti, Gustave Bourgogne e Vito Stracquadaini. O come i gruppi spagnoli della fine degli anni '50: "El Paso" e il "gr.parpallò", il primo gruppo significativo nel panorama del geometrismo spagnolo.
Osservando ancora un po' la mappa si può vedere che mentre nella nota Gentilucci parla di dodici aree geografiche (i dodici Paesi allora più importanti), nel grafico compaiono in realtà solo undici zone: probabilmente è "saltata" l'Austria. Siamo portati a pensarlo dopo aver constatato che la "Secessione viennese" e l' "Azionismo viennese" (qui denominato "gr.di azione") sono inseriti in Germania e che proprio nello spazio dedicato a quest'ultima è stampato il simbolo di una minuscola "forbice" che sembra essere quasi lì a ricordare una modifica ancora da ultimare.
Deve essere stato un gran lavoro anche da un punto di vista grafico, se si fa un balzo indietro e si pensa alla tecnologia di trent'anni fa.
Nella nota dell'autore, infine, si legge "Altre cose per conto suo il lettore scoprirà nella mappa. E potrà scriverci, rilevando imperfezioni, per una successiva edizione". Possiamo augurarci una nuova edizione, aggiornata ai nostri giorni?
Da qualche tempo si succedono via web gli “Amarcord” che Giancarlo Politi, editore della storica rivista d'Arte Contemporanea Flash Art, invia sotto forma di newsletter. Sono “ricordi, incontri, melancolie” che portano a galla figure del mondo dell'arte appena passata a volte già dimenticata o tutt'al più congelata nei libri di Storia dell'Arte.
Gli Amarcord di Politi invece sono decisamente riservati e personali, tanto che mi piacerebbe chiamarli il Lato P dell'Arte Contemporanea (P come Politi o P come Privato). In essi vengono raccontati episodi, relazioni, esperienze molto personali, che nessun giornale, rivista o libro ha mai riportato. Sono informazioni soggettive, vissute direttamente, passionalmente. È come se la memoria non fosse un'istantanea sul passato: non fosse cioè passiva ma costruttiva. Nel momento in cui Politi “ricorda”, contemporaneamente seleziona, sceglie, trasforma. In una parola, sposta le lancette della storia al presente. Gli artisti, i galleristi, i mercanti, di cui parla, tornano ad essere vivi, misteriosi, stravaganti. Egli li ascolta, li segue, li accompagna. Il più delle volte senza dare giudizi (né sulle persone né sulle opere), solo spostando il suo occhio curioso, goloso, estroso in una sorta di movimento “senza vera regola”.
Fin da subito la “rubrica” ha fatto centro, anche se qualche lettore ha auspicato una maggior “sistematicità”. Essa funziona così com'è con la piacevole migrazione da un tempo (un luogo, un personaggio) all'altro fatta con leggerezza, disincanto, ironia. Ad ogni uscita aumentano le persone interessate, siano essi i fedelissimi lettori di Flash Art o più semplicemente gli amanti dell'arte contemporanea: essi comunicano a Politi la gratitudine per i ricordi che egli risveglia dal fondo della propria vita, come fossero fossili viventi. Scoprono nelle sue parole come dei ritorni, delle sopravvivenze di un mondo mai del tutto chiuso e svelato.
Ho notato che chi gli scrive per complimentarsi sono principalmente persone over 60, persone che presumibilmente frequentano l'arte dagli anni '70-'80. E un pensiero, una curiosità mi ha preso: ma questi Amarcord sono letti anche dai giovani? E se si, vi riconoscono il sottile tentativo di superare un oggi contrassegnato dall'oblio?
Io consiglio di leggerli. In attesa che vengano raccolti in un libro (come molti si augurano) potete iscrivervi alla newsletter o leggerli sull'Archivio Amarcord cliccando qui
foto: Accademia di Macerata: inaugurazione dell'Anno Accademico 2017-2018 e consegna della Laurea Honoris Causa a Giancarlo Politi
La nota affermazione “Less is more” (meno è di più) di Ludwig Mies van der Rohe viene spesso associata al minimalismo e al razionalismo nell'ambito dell'architettura e del design. Ma la semplificazione non è uno stile né un linguaggio, quanto la riduzione a quella che è l'effettiva essenza di una cosa e cioè la sua misura, la sua proporzione, il giusto uso dei materiali per produrla.
“Less is more” è una delle frasi più ripetute anche da grafici e stilisti per nuovi purismi e nuove distillazioni formali.
Personalmente, trovo che questa locuzione sia valida anche per il campo della comunicazione, dei media, del marketing e, perchè no, dell'informatica. Ambiti dove spesso le aziende hanno investito (e investono) indiscriminatamente risorse allo scopo di occupare, presidiare, ogni settore. Ma ogni eccesso si rivela sempre fallimentare.
Chi ricorda più il mondo virtuale di “Second Life”, la piattaforma lanciata nel 2003 su cui sembrava ogni azienda dovesse essere? Doveva servire per l'intrattenimento e molto altro, ma oggi è stata quasi dimenticata. Il bello non ha bisogno di esibizioni, effetti speciali, shock visivi. Ma forse del contrario: di occultamenti, purezze, economie. Quasi di lucide, asettiche follie, come quella messa in campo dal film “Ecce Bombo” di Nanni Moretti (2006), dove il protagonista chiede ad un amico: “Che dici, vengo? Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”. È il valore di una posizione laterale, minimale (se non dell'assenza) che rende la presenza più misteriosa e seduttiva.
E se accanto a Less is more si mettesse Slow is better, rifacendosi allo “Slow Food” di Carlo Petrini, che invita a “ridare il giusto valore al cibo, nel rispetto di chi produce, in armonia con ambiente”, ma anche a vivere il pasto come un piacere e come risposta al dilagare delle abitudini frenetiche della vita moderna?
È una “lentezza”che ha la stessa valenza della perfezione di un'architettura, la stessa eleganza di un abito dalle linee essenziali, la stessa discrezione nell'uso delle nuove tecnologie.
Forse è un nuovo stile di vita, quello a cui si allude: un modo di essere tutto da inventare o tutto da sognare.
Una delle mostre che non potevo mancare di vedere è quella di Armando Testa in corso al Mart fino al 15 ottobre 2017. E non mi ha deluso. Conoscevo il pubblicitario pioniere e geniale, la sua passione e le sue frequentazioni dell'arte contemporanea. Essendo io della generazione “a letto dopo Carosello” ho anche vissuto in diretta la sua cultura visiva. E come tanti della mia generazione ricordo ancora qualche “spot”.
La mostra quindi è stata l'occasione per una “rilettura” e per un approfondimento del suo lavoro come pubblicitario (con i video in cui A.T. esplicitava il suo pensiero): spot che ricordavo e altri ovviamente che erano rimasti sepolti dal bombardamento di immagini che ormai quotidianamente subiamo. Ma la mia curiosità è stata colpita soprattutto dai suoi lavori come artista, che non avevo mai avuto l'occasione di vedere.
Tra tutti basterebbe ricordare le sue croci... collocate alla fine del percorso espositivo.
Semplicemente belle, essenziali e potenti!
Bizzarro cortocircuito tra l'opera “Il dito medio” di Maurizio Cattelan, uno degli artisti contemporanei di maggior successo, e l'economia. Dopo 2 anni un'opera più che mai di attualità. L'opera, on demand, si presta a nuovi commenti:
Si sono appena chiuse ArtVerona e Abitare il Tempo e siamo nel vivo della stagione fieristica, a Verona come ovunque. La lezione n. 8 di Marketing Fieristico di Paolo Mastrono sulla pubblicità è ricca di dettagli, analisi e spunti riconducibili alla sua esperienza ma trasversalmente utili e applicabili ad altri settori, come l'arte contemporanea, di cui ci occupiamo in questo blog.
Thierry Ehrmann, amministratore delegato e fondatore di Artprice (http://www.artprice.com/), la società francese leader mondiale del mercato dell'arte, sostiene che il mercato mondiale dell'arte contemporanea ha registrato, nel periodo preso in considerazione 2011/2012 ...
Flash Art Event è un grande evento di Arte Contemporanea (dal 7 al 10 febbraio 2013) che si annuncia "fresco" non tanto perchè si tiene nel Palazzo del Ghiaccio di Milano ma perchè ideato da Flash Art, rivista leader per l'arte contemporanea in Italia e nel mondo. Cliccare qui per accreditarsi e ricevere l'invito gratuito alla fiera d'arte italiana che si annuncia come "la più divertente, scanzonata, economica ma di alto profilo .." e che nelle comunicazioni ricorda che "non è bello ciò che è bello ma ciò che piace". Ci voleva un po' di leggerezza. Anche se in una fiera di 'arte contemporanea!
Achille Bonito Oliva, in un articolo di Francesca Marani dal titolo "Dall'artista al museo: vi insegno il mestiere di realizzare mostre" (il venerdì di repubblica, 2 novembre 2012) parla della catena (sistema) del dell'arte dove "L'artista crea, il critico riflette, il gallerista espone, il collezionista tesaurizza, il museo storicizza, i media celebrano e il pubblico contempla". E meno male che nella catena, anche se all'ultimo posto, si include "il pubblico che contempla", anche perchè, spesso, è l'unica cosa che il pubblico, e quindi la maggior parte delle persone, può permettersi di fare!