Al ritorno da un nuovo viaggio di oltre quattro mesi compiuto tra il 2005
e il 2006 attraverso India, Thailandia e Cambogia, Giovanni Meloni ha composto
un’opera di oltre millecinquecento disegni e cento tele per raccontare Soi Yamato, una strada che porta questo
nome in una città della Thailandia. E’ la Via Crucis,
ripetuta in cento storie diverse, delle persone che sono costrette a viverci.
Tutto ha inizio con Sothea, un ragazzino costretto a camminare con le
stampelle perchè privo delle gambe, e il racconto prosegue con storie di donne
che portano la croce lungo interminabili “stazioni” di cui è disseminata Soi
Yamato, una delle tante, infinite strade percorse dal turismo sessuale
globalizzato. Di queste realtà l’artista ha voluto essere fedele cronista e per
questo, oltre al consueto lavoro di pittura, ha usato anche, e per la prima
volta, la fotografia.
La mostra è formata da una nuda e scarna installazione, composta da
strutture di recinzione di cantiere allusive ad una gabbia-prigione, lunga cinquanta
metri contenente tele, disegni, collages fotografici tratti dal lavoro di un
anno sul tema di Soi Yamato/Via Crucis.
“L’unica differenza tra Soi Yamato e Via Crucis è che in Soi Yamato, alla
fine, non c’è resurrezione” G.Meloni.
L’evento si propone anche come operazione artistica mirata alla interpretazione e alla conoscenza di
culture
Sabato 12 inaugura alle ore 18.30
3 maggio - 23 giugno 2007
La mostra personale di Giosetta Fioroni dal titolo La Fiaba di Magia presenta una ventina di formelle in ceramica ispirate al mondo delle fate, alle streghe, ai desideri e ai viaggi fantastici. La Fiaba di Magia è una fiaba russa indagata e studiata dal grande antropologo Vladimir Jakovlevič Propp. Lo studioso, nel libro La Morfologia della Fiaba, definisce gli elementi costanti e le regole uniformi, che in questo tipo di favola ne compongono la struttura e concentra la sua attenzione sui Racconti di fate. Nel catalogo dell’ultima mostra alla Galleria Spiralearte di Pietrasanta dice la Fioroni: “Il discorso di Propp è stato ed è per me altamente suggestivo e provocatore di immagini…”. Queste immagini, che si possono definire “parallele” e non illustrative hanno dato vita fin dagli anni ottanta ad un’ampia serie di disegni, tele, collages ed acquarelli. Lo stesso mondo fiabesco compare ora nella ceramica, negli ultimi lavori presenti in questa mostra personale. Ed è così che vedremo rappresentate fate, maghe, oggetti magici, eventi del sovrannaturale, divieti sempre trasgrediti e trasporti subitanei. Sfavillanti di colore, le formelle racchiudono frammenti metallici, giocattoli, talvolta piccoli specchi, riflessi di un mondo altro, che bene si adattano al concetto di fiaba vista come espediente
4 - 31 maggio 2007
"… La
Biennale Anterem di Poesia da spazio alle opere e alla voce degli
autori, nella certezza che poesia, arte e musica pensano, con tutte le conseguenze che ciò
comporta..." afferma Sirio Tommasoli curatore della mostra personale dell’artista russa Larisa Bolshakova organizzata nelle sale della Società Letteraria di Verona
…
Il reale
viene compendiato da Larisa Bolshakova in una delle rappresentazioni che più ci
riguardano: la struttura urbana. L’ambizione di Larisa Bolshakova è quella di
toccare le emozioni interiori eliminando al massimo i tramiti.
Scegliendo la casa
quale soggetto, Larisa Bolshakova prende a modello un aspetto elementare del
mondo. Con questa riduzione riesce a cogliere quel ritmo vitale che
caratterizza l’esistenza meglio di tante argomentazioni selezionate.
Non si tratta
dunque di un ritorno a uno schema estrinseco, bensì di una meditata assunzione
di energie primarie, in un linguaggio coerente. Le riprese tematiche sono in
genere riconosciute come evasioni transitorie o segni di sfiducia. Qui abbiamo
al contrario la delineazione di un’immagine che intende designare la virtualità
segreta e proliferante dell’essere da cui proviene.
Per intendere Larisa Bolshakova
dobbiamo meditare sulla sua idea del mondo, che con i suoi colori lei chiama
“mistero” …
Dal saggio critico di Flavio Ermini
in foto:
Una quindicina di sculture (alcune in bronzo, altre in marmo) e una decina di grafiche dalle singolari soluzioni tecniche. Non un’antologica, ma un excursus per tappe sintomatiche lungo quella che è stata una appassionata, paziente, un po’ stregonesca ricerca durata più di cinquant’anni. Quella di Dario Tenuti è l’estetica dell’”oggetto trovato”, dello sguardo a terra, della bellezza archeologica della discarica. Egli percepisce un’anima in quello che può apparire come puro materiale di scarto, coglie un immenso giacimento di possibili bellezze in ciò che è il rifiuto quotidiano. Solo che non si accontenta di una larva: ma mira alla figura perfetta. Ama smontare e rimontare tutto come se le cose della vita fossero un gioco da manipolare. Prende a destra e a manca, creando combinazioni improbabili, coltivando sintassi, di volta in volta, divertenti, ostiche, oscure. G. Verzellesi, in catalogo, allude a un “bricolage” dalla preziosa fisionomia formale. E, in un altro testo, L. Meneghelli parla di “immagini in transito, di mondi possibili, di innesti enigmatici”. L’obiettivo è quello di “sollevare” gli oggetti dal loro stadio di rottami, conferendo loro una nobiltà tra umoristico e sacrale. E poi, ecco le composizioni grafiche, in cui sembra rimanere davvero impressa la memoria dell’oggetto, come una traccia sulla sabbia bagnata o una impronta
Tante opere raccolte in anni di ricerca: disegni ed acquerelli di maestri italiani e internazionali. Ogni opera ha una propria storia che il collezionista Emilio Carpeggiani ci racconta con passione, la stessa passione che l'ha guidato nelle scelte.
Quando ha iniziato a collezionare opere d’arte?
E’ una storia lunga una vita.
Una vita iniziata a Verona?
No, a Mantova. Ho cominciato collezionando grafica antica negli anni ’50-’51, trascinato da un collega di lavoro. A Verona sono venuto ad abitarci nel 1957, in occasione del matrimonio.
Ad un certo punto ho frequentato questo amico non solo per motivi di lavoro ma anche per hobby, seguendolo nei viaggi che faceva per scovare opere curiose.
Ricordo un viaggio fatto a Londra dove anch’io comprai incisioni antiche. In quegli anni frequentavo antiquari, gallerie e librerie di antiquariato. Però già nel ’59 cominciavo a interessarmi di arte moderna. Frequentavo Milano e la zona di Brera, facendo conoscenza dei più importanti galleristi e pittori del momento. Ricordo di aver conosciuto anche il veronese Birolli di cui acquistai diversi lavori, soprattutto astratti. In quegli anni a Verona c’erano soprattutto ottime stamperie e tra queste mi piace ricordare quella che Perini aveva prima di aprire la galleria.
Se si volesse trovare un filo conduttore nelle opere che ho collezionato questo potrebbe essere individuato in una