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Divertirsi spensieratamente, pur percependo quell'inestirpabile vena drammatica, parlare d'innamoramenti e di fatui intrighi cortesi, di travestimenti e scambi di persona, lasciando al contempo emergere il più profondo sostrato del nostro essere umani – e attori, nella vita. È questa – e non solo – la grande arte di William Shakespeare, che emerge limpida e intrigante dalle sue commedie, e in particolare da questa Dodicesima notte portata a Verona da Carlo Cecchi, per il secondo appuntamento dell'Estate Teatrale Veronese.

Un testo all'apparenza leggero, avvincente e spensierato, eppure estremamente complesso e ricco di risvolti. La struttura portante è quella più collaudata e "facile", che tanto catturò il pubblico dell'Inghilterra Elisabettiana, quanto ancora oggi, all'alba del terzo millennio, cattura questa nostra strana comunità del "villaggio globale".

Una sequela di amori non corrisposti, uomini che sembrano donne e donne che sembrano uomini, intrighi, beffe e inganni incrociati, fino allo svolgimento finale, dove il groviglio all'improvviso si dipana. E dentro a tutto questo, trame che s'innestano in altre trame, un sapore di metateatro che pervade tutta la pièce, e che a tratti emerge limpido per rompere la membrana della finzione – o almeno per un attimo, giusto per instillare il dubbio, e poi proseguire la commedia.

La regia di Carlo Cecchi (che si appoggia sulla traduzione di

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Tenstar_Gharib_e_Sami_Abbas

Per il sesto appuntamento della sua inchiesta sull'associazionismo veronese, VeronaLive ha incontrato Tenstar Community. Una lunga, lunghissima conversazione con Sami Gharib e Abbas Gharib per parlare dei loro progetti e attività, ma anche di architettura, di complessità, della società attuale basata sulla produzione legata all'energia (energy-based society) che dovrebbe trasformarsi in una società basata sulla produzione di sapienza (knowledge-based society). E molto altro...

Simone Rebora: Partiamo con una breve storia: quando nasce l'idea di Tenstar Community, su iniziativa di chi e perché?

A. G. – L'idea ha preso corpo in una giornata festiva della primavera del 2000. Ci trovavamo ai margini di una spiaggia del Golfo Persico con degli amici con diverse esperienze nei settori creativi. Ognuno di noi riportava quello che si stava trasformando nel proprio settore in relazione al nuovo ruolo dei paesi emergenti nell'assetto generale dell'economia occidentale, e la percezione dei primi segnali di una crisi generale in arrivo.

Guardando dall'estero con una panoramica più ampia, si percepiva di fatto che il predominio sui mercati mondiali della produzione, lavoro e consumo stava velocemente cambiando, spostandosi dall'Occidente verso i Paesi Emergenti.

E forse è proprio grazie alle nostre esperienza all'estero che si è riusciti a comprendere meglio ciò che stava avvenendo in termini di crisi in Occidente e che di

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Pietro Barzisa o il cinema a Verona. Il professore ci ha lasciato in questi giorni a 92 anni. Nel ricordarne la figura entusiasta e innamorata, il quotidiano "L'Arena" ha ripreso parte di una sua lunga intervista rilasciata nel mese di marzo a VeronaLive. Noi vi riproponiamo la versione integrale.

 

L'inchiesta di VeronaLive sull'associazionismo veronese giunge al suo quinto appuntamento, dedicato una realtà storica – e forse non abbastanza conosciuta nella nostra città. Attivo da 67 anni, il Circolo del Cinema di Verona si è da sempre impegnato per conservare e promuovere i valori etici, critici ed estetici della cultura cinematografica. Abbiamo incontrato il suo presidente e fondatore, Pietro Barzisa, che ci ha raccontato la sua lunga esperienza nella città scaligera, offrendoci soprattutto una viva testimonianza dei valori che l'hanno resa possibile.

Il Circolo del Cinema di Verona nasce per iniziativa sua e di un gruppo di amici nel 1947. Ci può raccontare qualcosa in più di quegli inizi? Chi eravate e che aria si respirava negli ambienti culturali del periodo?

Il Circolo del Cinema di Verona nasce sulla scia della Liberazione. Uscivamo dalla guerra. Verona era ancora semidistrutta. Vivevamo con le tessere annonarie, con l'elettricità razionata. Per fare le prime proiezioni del Circolo, io dovevo chiedere l'autorizzazione al prefetto, che mi

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Divertimento assicurato, tanta musica e qualche colpo di scena, con la spumeggiante rivisitazione goldoniana di Richard Bean, portata al Teatro Nuovo di Verona da Pierfrancesco Favino. One Man, Two Guvnors (Servo per due) è tratto dal celebre Servitore di due padroni di Carlo Goldoni (1745):

la storia è semplice, imperniata sui luoghi comuni della commedia dell'arte, e riadattata in una Rimini anni trenta, popolata di canzonette e divise fasciste. Ma quel che la prima regia teatrale di Favino porta in scena, non è tanto la vicenda narrata, quanto i meccanismi stessi della rappresentazione teatrale: svelati, rovesciati ed esaltati, fatti ruotare come un orologio impazzito alla massima velocità. Non saranno così le vicende dei due amanti Rachele e Ludovico, o le tribolazioni del servo Pippo a catturare il pubblico, ma una serie inarrestabile di gag e trovate sceniche: geniali, surreali, a tratti dozzinali, ma portate avanti con un ritmo così incalzante da non lasciare spazio ad alcun sospiro.

Tre ore piene di spettacolo che corrono via veloci quanto mai: introdotte dalle elaborazioni musicali di Musica da Ripostiglio, un vero e proprio concerto nello spettacolo, all'inizio forse fin troppo protratto, ma ben presto parte integrante della mise-en-scène, e capace di raggiungere vertici di vero virtuosismo. L'insieme dello spettacolo oscilla tra la farsa e il

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Con l'inizio del nuovo anno, VeronaLive ha incontrato Nicola Gastaldo, Federica Collato e Michele Pistaffa di Reverse. Un nuovo appuntamento dell'inchiesta sulle realtà associative in città, per esplorare questa volta il mondo dell'autoproduzione e della sostenibilità.

"Reverse promuove la ricerca di un pensiero alternativo, da declinare negli ambiti sociale, culturale, economico ed ambientale, ponendo al centro l'uomo e la qualità della vita, le relazioni interpersonali ed il rispetto dell'ambiente". In questi quattro anni di attività, come avete tradotto in "azione" questa vostra "filosofia"?

Sin dall'inizio ci interessa dimostrare che quando si parla di temi di sostenibilità, in senso ampio come descritto, si parla soprattutto del vivere quotidiano e delle scelte o dei gesti che esprimono il nostro modo di pensare e vedere il mondo. Come associazione culturale abbiamo sempre cercato di proporre delle alternative: un modo diverso di utilizzare gli scarti di produzione, un'attenzione differente a come arrediamo i nostri spazi di vita, un senso critico che aiuta a giudicare meglio un oggetto se lo facciamo da noi e comprendiamo quali sono i processi, i materiali, il lavoro che si mettono in gioco. Tra eventi, installazioni, laboratori abbiamo sempre cercato di dare spazio a questi temi a noi cari. Il sito www.reverselab.it contiene anche i dettagli di tutte le nostre attività negli anni.

Reverse

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team_TEDxVerona_2014

Domenica 23 febbraio 2014, Palazzo della Gran Guardia.

TED, acronimo dei termini Technology, Entertainment, Design, è un'organizzazione non-profit che ha come obiettivo la condivisione di "idee che meritano di essere diffuse" e che ruotano intorno alle tre ampie aree tematiche che stanno creando il nostro futuro.Iniziata come una conferenza di quattro giorni in California nel 1984, è cresciuta nella sua mission attraverso molteplici iniziative. Nella Conferenza annuale di TED i maggiori protagonisti del "pensare" e del "fare" sono invitati a esporre le loro idee in presentazioni di massimo 18 minuti.

TEDxVERONA, approvato dall'organizzazione TED, è creato ed organizzato in modo da dare alle comunità locali, organizzazioni ed individui, l'opportunità di stimolare il dialogo tramite esperienze simili a TED.

Il tema scelto per TEDxVERONA è il lateral thinking. Quando ci si trova ad affrontare una sfida, si deve prendere una scelta importante o trovare la soluzione ad un problema che ci assilla, i modi in cui si può decidere di agire sono molti, uno di questi è attraverso il pensiero laterale. Si tratta della capacità di prendere in considerazione e tenere ben presenti più punti di vista contemporaneamente, osservando e cercando soluzioni indirette ai problemi, grandi o piccoli che siano, che vadano oltre la logica sequenziale comunemente applicata. Insomma, "pensare fuori dal coro" all'insegna

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