Dopo aver sfidato il tempo e la storia stessa, dopo aver ricalcato le orme di grandi come C. D. Friedrich e J. M. W. Turner, Hiroyuki Masuyama torna a rileggere l'arte del passato. Il salto indietro questa volta è però notevole e la lettura dei suoi lavori non può prescindere da un punto di partenza temporale che si colloca addirittura nell'Antica Roma e passando per l'epoca Rinascimentale, giunge fino al contemporaneo.
Ancora una volta tutto è presente sulla stessa scena. La ri-costruzione forzata messa in atto dal collasso temporale (si sfora quasi nell'a-temporale), ci ricorda che l'arte del XXI° secolo è ancora una citazione dei motti Futuristi. I tempi sono di certo maturi e formalmente non ci troviamo più di fronte alle pennellate elettriche e impazienti di Umberto Boccioni (La Città che sale, 1910). La città qui non sale, scorre, anzi, corre al punto tale che il dinamismo è diventato iper dinamismo.
I nuovi lavori in mostra di Hiroyuki Masuyama (stampati su carta, come a voler imitare le incisioni di un tempo) fotografano i paesaggi romani che in passato artisti come Marco Sadeler, Giovanni Antonio Canal, Giambattista Piranesi, Luigi Rossini e J. M. W. Turner hanno ritratto. Il fil rouge con le
26 febbraio - 27 aprile 2013
La galleria La Giarina presenta la nuova mostra "Le cinque variazioni " che mette a confronto i lavori di cinque artisti : VASCO BENDINI, DANIELE GIRARDI, DANIELE GIUNTA, ERNESTO JANNINI, ADRIANO NARDI. Diversa la generazione, diversa la tecnica e la poetica degli artisti, unico il medium: la pittura:
Se nel film di Lars Von Trier del 2003 “Le cinque variazioni” si apriva una profonda analisi sul significato stesso di “cinema”, in questo caso il tema dell’indagine è la pittura nelle sue diverse declinazioni, viste nell’interpretazione di artisti presentati finora in galleria in mostre personali e, per la prima volta, invitati al dialogo.
VASCO BENDINI (Bologna 1922) vive e lavora a Roma.
Riconosciuto dalla critica come uno dei padri più rappresentativi dell’informale italiano, ha studiato con Giorgio Morandi e Virgilio Guidi. Negli anni 60 evolve verso pratiche oggettuali e comportamentali mettendo in crisi lo statuto convenzionale dell’opera. Negli anni successivi riprenderà una pittura di totale lirica autonomia formale e cromatica, con risultati di grande tensione poetica. “il lavoro di Bendini sembra rifiutarsi a troppo analitiche precisazioni. Esso si propone “altro”, problematico, reticente e a suo modo misterioso”. (G.Cortenova).
Il MACRO di Roma il 27 febbraio presenterà le installazioni dell’artista del 1966/67 tra cui “Cabina solare”.
2 febbraio -1 aprile 2013. Riapre nel Palazzo della Gran Guardia, nel cuore di Verona davanti all'Arena, la mostra sul ritratto e la figura che Marco Goldin ha proposto, in prima edizione, nella Basilica Palladiana di Vicenza, dove è stata ammirata da 273.334 persone in soli cento giorni di apertura.
Un successo sostanziato da un gradimento eccezionale del pubblico verso le opere esposte.
I dipinti che vengono presentati nell'edizione veronese (che chiuderà i battenti il primo aprile) saranno sostanzialmente i medesimi già esposti a Vicenza (solo sette non saranno presentati nella città scaligera), con l'aggiunta di un nucleo davvero importante di capolavori tutti provenienti da una meravigliosa istituzione rumena, il Muzeul National Brukenthal di Sibiu, antichissima città della Transilvania, che per i suoi monumenti è stata Capitale Europea della Cultura.
Dal museo rumeno, famoso tra gli appassionati di tutto il mondo, giungono a Verona 4 opere quattrocentesche su tavola. Tre sono capolavori tra i maggiori dell'arte fiamminga, il quarto è un rarissimo Antonello da Messina, la Crocefissione datata 1460. Le opere fiamminghe sono di Hans Memling e Jan van Eyck. Di quest'ultimo sarà esposto il celeberrimo Ritratto d'uomo con copricapo azzurro del 1429, straordinario ritratto che, non a caso, Goldin ha scelto come immagine ufficiale della mostra veronese. Di Memling sarà presente
18 gennaio - 16 marzo 2013
Inaugurazione venerdì 18 gennaio 2013, dalle ore 18.00 alle 21.00 (foto: particolare di un'opera di Silvia Mariotti)
FaMa Gallery inaugura la mostra a cura di Andrea Bruciati, dal titolo Le figlie di Eva, un percorso tutto al femminile che vede protagoniste sei giovani artiste italiane - Paola Angelini, Elenia Depedro, Sara Enrico, Mariangela Levita, Silvia Mariotti, Giusy Pirrotta - scandito da pratiche artistiche eterogenee, pittura, performance, fotografia, video, installazione. Un progetto che non intende, però, rinverdire un post-femminismo d'annata, bensì evidenziare la validità della pratica creativa caratterizzata da una sensorialità riconducibile alla forma, dalle variabili aperte nel linguaggio e dalla forza espressiva nell'impiego del medium.Nel contesto odierno in cui anche le parole sono immagini e si è arrivati al punto di non ritorno, questa mostra pone in risalto e, allo stesso tempo, problematizza, alcune pratiche mediali quali il video, la pittura e la pratica performativa, secondo soluzioni immaginative inedite proposte dalle artiste coinvolte.
Come sottolinea il curatore Andrea Bruciati "alle artiste invitate non interessa catturare la realtà ma crearla secondo nuove ipotesi ricostruttive. Non interessa rappresentare ma 'presentare' un linguaggio attraverso modalità mimetiche che aderiscano all'infinita ricerca d'identità che connota la forza delle singole poetiche. In fondo, come amava ripetere Louise Bourgeois,'il fare è uno stato attivo', è un'affermazione
16 febbraio – 5 maggio 2013
Inaugurazione: venerdì 15 febbraio ore 18.00
In esposizione gli scatti di Giorgio Casali, fotografo dei maggiori architetti e designer italiani, pubblicati dalla prestigiosa rivista internazionale domus, negli anni dal 1951 al 1983. Un percorso attraverso oggetti e strutture che hanno fatto la storia del design industriale e dell'architettura d'autore, portandoli alla ribalta della scena artistica mondiale e collocandoli, a pieno titolo, nell'inconfondibile stile Made in Italy.
Le immagini provengono dal Fondo Casali, conservato e gestito presso l'Archivio Progetti dell'Università IUAV di Venezia. La mostra è realizzata dal Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri di Verona dall'Università IUAV di Venezia, dall'Estorick Collection of Italian Modern Art di Londra in collaborazione con la rivista internazionale di architettura, arte e design domus.
Apertura: da martedì a domenica ore 10.00 – 19.00 (lunedì chiuso). Aperto Pasqua e Lunedì di Pasqua 25 Aprile e 1 Maggio.
Biglietto intero 5,00 euro, ridotto 3,00 euro, ridotto scuole e ragazzi 1,00 euro.
15 dicembre 2012 - 28 febbraio 2013
La mostra è stata prorogata fino al 30 aprile 2013
Dal 15 dicembre 2012 è in programma, alla Galleria dello Scudo a Verona, una mostra incentrata su un aspetto particolare dell’impegno artistico di Alberto Burri: la declinazione del nero nei Cellotex. Il titolo Opera al nero è volutamente ripreso dal capolavoro letterario di Marguerite Yourcenar, in cui esplicito è il riferimento agli antichi trattati alchemici, in cui si illustra il procedimento di separazione e dissoluzione della materia nelle sue varie componenti formative.
Il concetto di “nigredo” o “nerezza”, non disgiunta da rimandi alla Melancholia I di Dürer, allude alla scomposizione di un corpo attraverso l’azione disgregante del fuoco, e al successivo processo di riaggregazione. “Opera al nero”, quindi, tanto più in Burri, diviene simbolo della creazione, luogo segreto del fare, dove alberga il “mistero oltre l’apparenza” come disse Guido Ballo nel 1988 riferendosi al ciclo Annottarsi 2 esposto alla XLIII Biennale di Venezia, ora in parte rappresentato in questa mostra veronese.
Il cellotex, che l’artista in precedenza ha impiegato come supporto per altre composizioni, diviene ora il protagonista assoluto, ovvero l’’“opera”. In un processo di graduale denudamento del mezzo espressivo, Burri giunge all’elemento di base, al materiale che da sempre è stato concepito al servizio di altro.