Dal 8 luglio 2007 al 13 gennaio 2008
Questa mostra è realmente imperdibile.Per più ragioni.
Perché presenta, per la prima volta al di fuori dei territori della ex
Jugoslavia il meglio del meglio delle eccezionali raccolte
archeologiche del Museo Nazionale di Belgrado; raccolte che dai tempi
della recente guerra degli anni 90 del Novecento sono custodite
all’interno di camere blindate e che torneranno ad essere esposte nella
capitale serba solo dopo il 2010, quando il Museo di Belgrado sarà di
nuovo accessibile, dopo radicali restauri.
Poi, perché molte delle 250 opere esposte in mostra meriterebbero, da
sole, un viaggio ad Adria: ad essere stati concessi dal Museo serbo non
sono, infatti, i reperti minori, ma i veri capolavori delle collezioni
Greca e Romana, opere sicuramente non prestabili in altra occasione,
patrimonio unico della storia della Nazione.
E infine perché la grandiosa esposizione celebra l’apertura – attesa da
cinque anni – della ricchissima Sezione Etrusca del museo che la
ospita, ovvero il Museo Archeologico Nazionale di Adria. Un Museo che
in questi anni, grazie ai fondi del Ministero per i Beni e le Attività
Culturali ed Ambientali, de Il gioco del Lotto e della Fondazione Cassa
di Risparmio di Padova e Rovigo, è stato completamente rinnovato, oltre
che ampliato. La nuova Sezione Etrusca, che si unisce
dal 1 giugno al 4 novembre
L’immensa vastità delle steppe che dalle foci del Danubio si estende
fino al cuore profondo dell’Asia, ai limiti delle “Civiltà”, ha
suscitato da sempre l’attenzione di geografi, storici e scrittori.
Dominate per millenni da guerrieri nomadi che eccellevano nell’uso del
cavallo e dell’arco, le steppe sono state fonte e luogo privilegiato
per narrazioni mitologiche e celebri pagine di letteratura. Le fonti
scritte che parlano di popolazioni nomadi come gli Sciti, i Cimmeri, i
Sarmati, gli Unni, gli Avari e i Goti, sono influenzate dall’immagine
di popoli selvaggi restituita, a partire da Erodoto, da altri storici
greci. Sono popoli che non hanno lasciato testimonianze di città,
monumenti o testi scritti: la loro storia e la loro cultura è affidata
ai preziosi oggetti d’oro rinvenuti nelle tombe dei principi. Proprio
questi simboli di potere e di prestigio dell’aristocrazia nomadica,
scoperti dall’Ottocento fino ai nostri giorni nei sepolcri che
punteggiano le ampie steppe dell’odierna Ucraina, sono il filo
conduttore della mostra Ori dei cavalieri delle steppe che aprirà al
Castello del Buonconsiglio di Trento il 1 giugno 2007.
Si tratta di circa 400 oggetti, provenienti dai più importanti musei
dell’Ucraina e in gran parte presentati per la prima volta in Italia:
armi sontuose, preziosi gioielli, diademi, orecchini, braccialetti ma
anche finimenti
dal 24 agosto al 2 settembre
Nell’ambito della Festa in rosso di Verona, i diversi artisti - Aere Roberto, Castellani Alice, de Ghantuz Cubbe Elena, Petrucci Pasquale, Tagetto Ivano, Tinto Enrico, Turri Angela - sono stati chiamati a interpretare il tema della città in una mostra collettiva dal titolo “Urbs, urbis”. Le visioni di ognuno hanno potuto spaziare senza limiti né direzioni, utilizzando differenti modalità artistiche e diversi approcci
. Ognuno presenta la sua visione sulla
città, città vissuta personalmente, città
quotidiana o europea, ma anche città immaginaria, città
in cui entrare, passare e osservare. Una città che può
essere una riva a cui affacciarsi per contemplare, ma anche una tana
per nascondersi e vivere il proprio sottosuolo metropolitano.
Mappature che sono riletture soggettive, sganciate da catalogazioni
ufficiali e condivise, ma caratterizzate da un’impronta sensoriale
ed emozionale. Odori, ricordi, sapori, umori, luce e buio: ognuno
contiene in sé la propria idea di città, unica e
diversa, da esplorare, condividere, mettere in gioco.
L’uso del colore, l’interpretazione dei vuoti e dei pieni dei soggetti urbani, la tensione tra realtà e immaginario attraversano come fili conduttori questa collettiva.
I colori emotivi dei quadri di Roberto Aere e i materiali non sempre ortodossi di Alice Castellani e Angela Turri, le ceramiche in dissolvenza di Elena de Ghantuz Cubbe e
La Biennale di Venezia e il Grand Tour del ventunesimo secolo
Per la prima volta quest’anno si è avuta una coincidenza temporale di tre delle più grandi mostre europee d’arte contemporanea (che si registra una volta ogni dieci anni) viste le cadenze diverse (biennale per Venezia, quinquennale per Kassel e decennale per Münster ) – alle quali si è aggiunta la fiera annuale di Basilea.
Il confronto tra le metodologie organizzative della 52. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia (www.labiennale.org), di Art 38 Basel (www.artbasel.com), di Documenta 12 (www.documenta.de) e di Skulptur projekte münster 07 (www.skulptur-projekte.de) ha dato l'avvio a una inedita partnership con l'obiettivo di attivare azioni promozionali congiunte e un’iniziativa direttamente rivolta all’appassionato d’arte europeo: il Grand Tour 2007.
Il Grand Tour 2007 consentiva al pubblico di visitare le 4 manifestazioni che inauguravano in successione cronologica a giugno 2007 (www.grandtour2007.com) riproponendo la suggestione dei percorsi dei viaggiatori europei del Settecento. E’stato realizzato di comune accordo tra i partner e si rivolge al grande pubblico, oltre che agli addetti ai lavori, per offrire informazioni e assistenza a tutti gli appassionati d’arte del mondo nell’organizzazione del proprio viaggio attraverso l’Europa, a partire dalle Vernici nel periodo estivo sino all’autunno, quando si concluderanno le mostre a Venezia, Kassel e Münster.
Dopo l’invasione
«Davanti alle sculture di Baù viene spontaneo chiedersi: perché
nelle Natività la pietra si fa leggera come le voci dei bambini davanti
al presepio, per diventare, al contrario, macigno nelle Pietà? Eppure
sono entrambe scolpite con una sobrietà che esclude ogni sottolineatura
drammatica; e perché le sue dolci Madonne ci appaiono non scolpite
nella pietra ma liberate dalla pietra? Penso che sia perché una Mano
che neppure Baù vede lo guida a cercare nella natura le tracce del
passaggio del divino nella storia degli uomini. Vittorio Carradore è
riuscito, uno tra i pochi, ad armonizzare nella sua pittura oggettività
ed idealizzazione, senza mai sacrificare quell’esigenza di ogni
linguaggio artistico, che è la comunicazione nei confronti
dell’espressione, sicché nei suoi quadri, ad esempio, paesaggi
consueti, cose di sempre, si illuminano della novità di ciò che si vede
con occhi di giovinezza.» Ferdinando Chiaramonte
foto: Women don't war di Maurizio Marcato
dal 21 al 26 agosto 2007
MAURIZIO GIOCO
«Quando di notte si cammina nel bosco, magari con la luna piena, capita di avere molta paura. Non dipende dai rumori, che
non sono molti, perché la maggior parte degli animali vanno nella loro
cuccia presto per svegliarsi all’alba. L’origine di questa paura
dipende dal mondo
Riflessi di quotidianità tra
le popolazioni del Sahel
15 giugno - 7 settembre
2007
Si snoda tra contesti geografici estremamente diversi pur se contigui, l'itinerario fotografico di Marcello Selmo. Dal 'grande fiume', il Niger - testimone degli antichi e potenti imperi africani del Ghana e del Mali - il percorso conduce all'imponente falesia di Bandiagara abitata dai Dogon, gruppo etnico noto per aver saputo preservare fino al presente la propria ricchezza culturale e artistica, espressa nell'affascinante mitologia e in oggetti artistici e strutture architettoniche uniche nell'intero continente. L'itinerario d'immagini prosegue lungo le vaste spianate desertiche che dal Mali conducono dentro il Burkina Faso, il 'paese degli uomini liberi'. Bamako, Segou, Mopti, Djenné, Bandjagara, Sikasso...e tante altre località fissate negli scatti di Selmo, trasmettono nell'essenzialità e nelle sfumature tipici del bianconero il senso di fierezza, di dignità, di identità che i volti di queste popolazioni, non conta se Dogon, Peul, Senufo o altre, sanno comunicare, e che l'autore riesce a cogliere superbamente.
Lungo il percorso fotografico, pertanto, più che dall'evidente contesto di precarietà ambientale e povertà materiale, si è attratti dalla sensazione che i variegati personaggi, singoli o gruppi, bambini, uomini e donne, giovani
26 luglio - 15 agosto 2007
“Quarantesimo, uno sguardo” è il titolo dell'antologica del veronese Simone Butturini in occasione del quarantesimo anno di età, curata da Giorgio Cortenova, direttore della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Palazzo Forti.
In mostra una cinquantina di opere: dipinti e carte dal 1988 al 2007, in particolare 35 dipinti su tela a tecnica mista, dodici pastelli su carta e 8 carte, tecniche miste, chine, e tempere.
Ingresso gratuito.
Mostra promossa
dal Comune di Verona – Assessorato alla Cultura.
Catalogo Silvana Editoriale.
nella foto l'artista Simone Butturini durante la mostra alla Gran Guardia
foto Antonella Anti
1- 15 agosto
Pitture e sculture di Mario dalla Fina
1 - 31 agosto
dal 25 marzo al 29 luglio 2007
Opere di Botticelli e del Pontormo, di Giorgione e del Lotto, di Tiziano e del Tintoretto, di Parmigianino e del Carracci, di Caravaggio e del Guercino, di El Greco e del Fetti, di Canova e di Piranesi, di Böcklin e di de Chirico, di Modigliani e Carrà, di Paolini e Pistoletto, di De Dominicis e Barni e uno studio di testa per la Cappella Sistina in San Pietro di Michelangelo.
Centottanta capolavori, suddivisi in 6 sezioni, in mostra nelle sale del Palazzo della Ragione riportato all¹antica bellezza grazie all¹intervento di recupero realizzato da Tobia Scarpa, un architetto di fama e un cognome di casa a Verona (Carlo Scarpa a suo tempo ripristinò la vibrante bellezza di Castelvecchio).
L'esposizione ideata e curata dal direttore di Palazzo Forti, Giorgio Cortenova, ruota attorno ai temi che contrassegnano la modernità: primo fra tutti quell¹intreccio di amore ideale, di malinconia e di meditativa riflessione che caratterizza il cielo dantesco, il settimo cielo o, meglio ancora, "il settimo splendore" del paradiso dell¹Alighieri.
I prestiti provengono dai maggiori musei italiani ed europei, da Budapest a Dresda, da Roma a Milano, da Parigi a Zurigo, da Firenze a Londra.
La mostra ravvisa nei temi della riflessione malinconica i principi stessi della sensibilità moderna; e per certi versi polemicamente