16 giugno – 5 agosto 2007
Ha scritto Kandinskij che bisogna “imparare dagli alberi, perché essi fanno
tesoro di ogni clima, di ogni terra, di ogni cielo”. Essi sono pieni di tempo e
di inesauribili possibilità visive: soprattutto sono figure sciolte da ogni
fissità fisica e trapassano le une nelle altre come elementi dinamici e vitali.
Ma come può l’arte far presa su questo oggetto di natura, se proprio la natura
oggi va sempre più perdendo peso, profondità, senso?
I dieci artisti
presenti in mostra non vogliono certo affidarsi ai “nidi sonori e favolosi di un
tempo o naufragare in quelle lontananze in cui la natura era incontaminata”
(Zanzotto): non ci sono nella loro opera tracce di nostalgia e forse neppure
indizi di utopia. Casomai un nuovo modo di vedere il mondo, di interrogarlo, di
interpretarlo. Del resto, il titolo della rassegna, “Epifania di un albero”, più
che a una dimensione contemplativa allude a una dimensione attiva, a qualcosa
che ha a che fare con un evento (con un fatto che succede, fluisce), cambiando
tutti i nostri abituali schemi percettivi.
L’epifania infatti si rifà alla
manifestazione di un essere occulto o spirituale. Per cui l’albero (inteso anche
nell’accezione dilatata di
9 - 23 giugno 2007Artisti presenti: Mancino-Ballarini-Tarasco-Tinto-Tagetto-Starace-Gioco-Lorrà Corradin-Marconi-Weller-Pastrello-Picenni-Raglewska-Savinelli-Gripari
In mostra lavori di bambini e opere degli artisti della galleria a cura di Anna Ballini e Ivo Marchese.
5 giovani scultori coreani
operanti a Pietrasanta (Lucca).
La mostra
vede riunite le opere Nam
Sang Su, Jeong Dekyo, Lee Bon Gyu, Chio Jihoan, Kim Joo-Hyok,
scultori di talento che usano il marmo per dare vita ai propri pensieri, e
rientra nella linea perseguita dallo Spazioarte Pisanello di agevolare i giovani
artisti.
Ultima mostra del primo semestre della stagione espositiva 2007
Una mostra omaggio voluta e organizzata dal figlio, il dott. Carlandrea Robotti, a 10 anni dalla scomparsa dell’artista, nella Galleria ”L’Incontro”. Acquarelli, magiche “vestine” sono in mostra in questo spazio. Nella vicina Chiesa di San Francesco si può invece ammirare una delle sue opere pubbliche: la vetrata con l’Annunciazione dal Beato Angelico.
Il catalogo con testo di Luigi Meneghelli, ancor più della mostra, permetterà di capire questa artista che ha avuto il consenso della critica più attenta (da Buzzati a Marchiori, da Mozzambani a Mussa, a Neri Pozza) e negli anni roventi dell'azione politica femminista, ha stretto un sodalizio con figure come Gina Pane, Ketty La Rocca, Marina Abramovich, Rebecca Horn, ecc. Un'artista che ha partecipato a quel magma creativo che Lea Vergine ha definito "felice e bizzarro" e Romana Loda "dolcemente straniante" e, forse, ingiustamente dimenticata dalla sua città.
Andreina Robotti ritratta davanti al grande affresco nel soggiorno della sua abitazione in Viale della Repubblica
Albrecht Dürer è forse l'esempio più alto dell'arte rinascimentale in Europa, ponte ideale tra la scuola italiana e quella nordica. Considerato grande artista sia come pittore che come disegnatore, deve all'opera incisa la sua fama ed è stato consegnato alla storia dell'arte di tutti i tempi proprio grazie alle sue innovazioni formali e tecniche nella grafica.
La mostra presenta oltre 100 opere, tra le maggiori incisioni e xilografie, in gran parte di soggetto religioso, che consentono di comprendere la lettura del mondo classico e rinascimentale italiano da parte dell'artista, approfondito in occasione dei suoi viaggi in Italia, laddove la conoscenza dell'opera del Bellini, del Mantegna e di Leonardo lo portarono ad approfondire e sviluppare il suo genio creativo.
Biglietti
Intero 8.00 euro
Ridotto 6.00 euro
Scuole 3.00 euro
Ingresso al Chiostro di Sant'Apollonia 1.00 euro
da venerdì 1 a domenica 3 giugno -con inaugurazione alle 18.30
gli ultimi lavori di Annalisa Giani, fondatrice nel 1984 con Jacopo Benci e Silvia Stucky a Roma della rivista d'arte moderna e contemporanea "891" e con all’attivo numerose personali e collettive in Italia e all’estero. Al Pink Alisa esporrà alcuni dei suoi ultimi lavori sulle trasparenze cromatiche, A-punti di colore è il titolo della mostra.
L’artista riconosce come costante ed intrinseca necessità dei suoi lavori un desiderio “di rendere omaggio alle leggi della natura”, a partire dall’abbandono avvenuto nell’82 della lezione figurativo-naturalistica per inoltrarsi nella scomposizione e ricomposizione del supporto, nell’utilizzo di forme geometriche primarie, nella pienezza fisica del colore. I suoi quadri emanano il fascino che viene dalla magia silenziosa di un “programma” che incessantemente compone e ricompone i pochi elementi costitutivi della materia, grazie ad un’azione leggera e spontanea, nei risultati altamente evocativa.
Alberto Veca individua nella modalità di dipingere di Alisa “un gioco che avviene all’interno del fare, in un concertato dialettico fra azione del dipingere e osservazione, tra segnare e correggere … che appartiene a un’idea della composizione plastica come coinvolgente implicazione delle facoltà conoscitive, come della stessa dimensione esistenziale”. I colori sono splendenti, potenti. Ci sono regolarità geometriche, ottangoli e quadrati
venerdì 13 aprile -con inaugurazione alle 18.30
i lavori in ceramica di Elena de Ghantuz Cubbe.
Come frammenti di terra, fantasia e poesia le sue ceramiche, diversissime tra loro, nascono dall’esigenza di uscire, almeno tramite l’arte, dal nostro mondo e dalle sue storture, colorandolo e dandogli nuova forma, ma anche giocando con le proprie paure: Piccolo Bang, frammenti, è il titolo di questa esposizione
L’appuntamento di aprile con la rassegna “Wekend in mostra”, che propone ogni mese un artista diverso, nello spazio-tempo limitato a un fine settimana presso il Circolo Pink di Verona, è fissato per venerdì 13 aprile alle 18.30 e vedrà in mostra i lavori in ceramica di Elena de Ghantuz Cubbe, artista di origine siriana, nata a Roma e residente a Verona da oltre 40 anni. Con questa esposizione Elena de Ghantuz Cubbe ripercorre il suo lavoro nell’arco di un decennio di attività presso il suo laboratorio veronese “la gattabuia”, dagli anni ’80 agli anni ’90. Come frammenti di terra, fantasia e poesia le sue ceramiche, diversissime tra loro, nascono dall’esigenza di uscire, almeno tramite l’arte, dal nostro mondo e dalle sue storture, colorandolo e dandogli nuova forma, ma anche giocando con le proprie paure: Piccolo Bang, frammenti, è il titolo di questa esposizione. “Mi hanno chiesto in che mondo
vernice venerdì 11 maggio alle ore 18
11 - 31 maggio 2007
In mostra una ventina di tele, in cui l’artista ripropone i motivi che hanno
contraddistinto gli anni ‘60, quelli delle sue più spericolate e fervide
sperimentazioni: dai Monocromi, ai Paesaggi anemici, dai Balconi alle Palme, al Futurismo
rivisitato. Si parte dagli anni ’70, da un momento artistico in cui si
cercava in tutti i modi di sottrarsi alla vera pittura a pennello, per
affidarsi ai nuovi media o per sostituire l’immagine con le parole, che
dovevano riflettere sul significato dell’arte stessa. Schifano dimostra invece
di voler rimanere fedele alla pittura, al colore, all’immagine, anzi di avere
un costante bisogno di tornare sempre all’origine, di riprendere da capo la
ricerca di un esito. Ma il suo è sempre un ritornare, un riprendere, un
riprodurre che non ha niente di passivo: si tratta di riaffrontare un tema, per
approfondirlo, per trovarvi nuove possibilità di forma (sempre tenuto conto che
per Schifano la forma è indefinibile, una pura congettura, una semplice ipotesi
figurale). Lo stesso rifarsi ai grandi maestri italiani e francesi (come
Cézanne, Monet, Morandi e, in mostra, De Chirico) testimonia la precisa
coscienza che ha Schifano che l’arte deriva sempre da altra arte, che ogni
quadro fa parte di una sequenza interna
Al ritorno da un nuovo viaggio di oltre quattro mesi compiuto tra il 2005
e il 2006 attraverso India, Thailandia e Cambogia, Giovanni Meloni ha composto
un’opera di oltre millecinquecento disegni e cento tele per raccontare Soi Yamato, una strada che porta questo
nome in una città della Thailandia. E’ la Via Crucis,
ripetuta in cento storie diverse, delle persone che sono costrette a viverci.
Tutto ha inizio con Sothea, un ragazzino costretto a camminare con le
stampelle perchè privo delle gambe, e il racconto prosegue con storie di donne
che portano la croce lungo interminabili “stazioni” di cui è disseminata Soi
Yamato, una delle tante, infinite strade percorse dal turismo sessuale
globalizzato. Di queste realtà l’artista ha voluto essere fedele cronista e per
questo, oltre al consueto lavoro di pittura, ha usato anche, e per la prima
volta, la fotografia.
La mostra è formata da una nuda e scarna installazione, composta da
strutture di recinzione di cantiere allusive ad una gabbia-prigione, lunga cinquanta
metri contenente tele, disegni, collages fotografici tratti dal lavoro di un
anno sul tema di Soi Yamato/Via Crucis.
“L’unica differenza tra Soi Yamato e Via Crucis è che in Soi Yamato, alla
fine, non c’è resurrezione” G.Meloni.
L’evento si propone anche come operazione artistica mirata alla interpretazione e alla conoscenza di
culture
Sabato 12 inaugura alle ore 18.30