Vetrina di prodotti, diversi per materiale e settore merceologico di appartenenza, espressione del miglior design applicato alla produzione.
In esposizione oggetti prodotti da aziende veronesi (Aermec, Ancap ecc.), italiane (B & B, Dainese Foscarini, Nava ecc.) e straniere (Nike, Aveda ecc.).




Data inizio: 08-08-2005
Data fine: 28-08-2005
Orario: sala buvette: 10 - 18 ingresso libero
Luogo: PALAZZO DELLA GRAN GUARDIA
Indirizzo: Piazza Bra 37121 Verona
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Già i primi disegni del giovanissimo Renzo Marinelli (1922-2003) testimoniano quello che sarà il motivo della sua futura ricerca artistica, che abbina una tensione etica con una estetica, una necessità di discorso linguistico con una di discorso sociale. E seppure, per forza di cose, il lavoro di Marinelli possa risentire di un’atmosfera fondamentalmente provinciale, i suoi quadri dei primi anni ‘50 sono perfettamente in linea con quanto si va sviluppando a livello nazionale, ossia con quella rappresentazione del reale che distorce picassianamente la natura delle cose rappresentate. Sono gli anni leggendari e irripetibili della galleria Ferrari e dei suoi straordinari protagonisti: Arduini, Chiecchi, Degani, Girardello, Martinelli, Meloni, Olivieri, Rampinelli, Veneri, ecc. E proprio nei primi anni ‘60 troviamo un Marinelli che pare portare avanti a modo suo un discorso tutto interno all’Informale (tra Afro, Birolli e Vedova): una pittura, la sua, scaldata da uno sguardo che letteralmente s’immerge nel paesaggio fino a perderne ogni identificazione, ogni riconoscibilità e a portare la materia stessa a farsi paesaggio, visione.
Ma c’è anche un Marinelli che lentamente rende la pittura un fatto plastico, tangibile: una reale costruzione ottenuta con intarsi lignei precisi, indicativi, a volte ironici. E’ come se l’artista, dopo aver osservato il fondo (l’intimità) del paesaggio, volesse “mettere al mondo un altro mondo”, tutto linee
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In esposizione circa 200 scatti della Collezione Fnac che può essere letta sia come una serie di immagini relative a momenti cruciali del XX secolo, che come testimonianza dell’evoluzione del linguaggio e dei temi della fotografia. Tutto questo in un suggestivo percorso che va dal reportage al paesaggio, dal ritratto alla fotografia di ricerca, alla moda, attraverso epoche, luoghi e approcci differenti, in cui il filo sottile che lega fotografie così differenti è la poesia stessa delle immagini.
La Collezione Fnac (nata nel 1956 per la passione dei fondatori della Librerie Fnac ed “emancipata” nel 1978) ha alle spalle una “holding”, la Fnac, con il suo circuito di 117 librerie in tutto il mondo. In mostra accanto a fotografi molto conosciuti troviamo giovani autori (vincitori dei premi “Attenzione Talento Fotografico” e “Premio Europeo Fnac per la Fotografia”) e fotografie di autori provenienti da paesi come l’Africa, il Medio-Oriente o Cuba a dimostrazione di una grande indipendenza rispetto alle tendenze e ai criteri del mercato dell’arte.
Non mancano immagini di artisti provenienti da altri universi creativi come Allen Ginsberg, Yul Brynner, Wim Wenders, Jean Baudrillard o Pedro Almodòvar che arricchiscono la Collezione dell’originalità del loro sguardo e sono espressioni del dialogo tra la fotografia e altre discipline artistiche. In mostra cinquant’anni di storia della
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L’esposizione ripercorre le rotte e le terre delle grandi imprese coloniali dell’Ottocento grazie ai racconti di tre nomi della letteratura nazionale e internazionale: Jules Verne, Emilio Salgari, il suo allievo Luigi Motta.
"L’iniziativa – spiega il responsabile della Biblioteca Civica Agostino Contò – rientra nel filone delle mostre bibliografiche promosse dalla Civica, che vanta una delle più ricche collezioni salgariane". Venticinque illustrazioni, di cui tre copertine di Alberto Valle, otto carte geografiche d’epoca e gli immancabili racconti dei tre autori (accostati per l’occasione ad altri dal curatore della mostra Claudio Gallo) saranno il pretesto per immergersi nel periodo dei grandi viaggi verso l’Oriente.
"La scoperta di nuove rotte e nuove terre nel periodo delle imprese coloniali dell’Ottocento – prosegue Agostino Contò – ebbe un forte impatto nell’immaginario collettivo. La combinazione tra testimonianze scientifiche e interpretazioni fantasiose creò una rappresentazione talvolta ideale di quei paesi lontani, al punto da suggestionare esploratori, ma anche molti artisti occidentali".
I racconti vengono accompagnati anche dalle illustrazioni: l’influenza dell’Oriente contagia anche musica e pittura creando una vera e propria scuola di genere.  Il filone proposto è prettamente italiano con le rielaborazioni di scrittori che si rifanno alle opere di Salgari, grande esponente del genere, che a sua volta trae spunto dai racconti di Jules Verne.
Non solo arte sino
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Chiusa dal 13/10 (pomeriggio) al 17/10

Sul fondo della sala, come un telero all’estremità di un’abside, si alza una grande tela di Emilio Vedova del ciclo dedicato a Varsavia (‘64): segni bianchi e neri che escono come figure o ospiti ingrati e spettrali. Tutto un movimento di frammenti e di schegge fatte di luce, di colore, di forma, di materia. E lì, accanto, uno Studio (‘53) intimo, quasi sacrificato su se stesso, di Licini: un’immagine che sa di “geometria angelica”, un triangolo bianco-rosso dalle evidenze straniate di stendardo dentro un colore blu pieno e pulsante.
Più in là un Felice Casorati del ‘16 che riprende “un gruppo di famiglia in un interno”: una pittura che iscrive i corpi in un metro di classica compostezza e di sospesa quotidianità. E, appresso, La canzone del Piave (‘29) di Ettore Beraldini con le figure disposte a formare un simbolico distacco dal reale, amplificato dallo specchio a parete che suscita un ulteriore senso di distanza.
I 28 lavori che la “Fondazione Domus per l’arte moderna e contemporanea” sta presentando al pubblico veronese e non, nella sua sede di Palazzo Pellegrini fino al 27 agosto (sede inospitale, soffocante per cotanti capolavori) pare far prospettiva sui due poli intorno ai quali si è mossa tutta l’arte italiana del ‘900
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Quindici opere di Daniele Girardi (Verona 1977) raccontano un lavoro accurato sulla modificazione dell’immagine, alla ricerca dei segreti che si nascondono dietro la più banale apparenza.
Maurizio Sciaccaluga scrive in catalogo che Girardi “interrompe il tempo felice e spensierato dell’infanzia, precipita senza paracadute l’immaginazione adolescenziale in quel mondo crudo e violento, inospitale, che l’uomo ha oramai creato sul pianeta. Nelle mani del giovane eclettico artista pupazzi e giocattoli, animaletti di plastica e gadget per bambini  diventano – oltre che lo strumento per una pittura con e senza pennelli, oltre che la materia di un nuovo, assolutamente originale impasto timbrico e formale – il simbolo concreto e tangibile di come l’innocenza sia destinata inevitabilmente a soccombere e scomparire… Non esiste una tecnica definita e definibile nel lavoro dell’artista...”.
L’opera finale è il risultato di fasi successive che vanno dal recupero e dalla rivisitazione di oggetti del quotidiano (ready made), al processo fotografico, all’intervento pittorico. E in questo vagare, andare e ritornare attraverso i media più disparati le immagini perdono ogni riconoscibilità: esse diventano puri presagi, tracce lasciate su un terreno insieme antichissimo e germinante.


Data inizio: 21-05-2005
Data fine: 30-07-2005
Orario: da Ma. a Sa. 15.30-19.30 lunedì e festivi su app.
Luogo: LA GIARINA
Indirizzo: Via Interrato dell’Acqua Morta 82 37129 Verona
Telefono: 0458032316
Fax: 0458032316
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