6 - 24 aprile 2011
vernissage: venerdì 8 aprile ore 18.00
L'artista italo-canadese Andrea Padovani non si limita a mostrare la realtà così come ci appare, ma conferisce alle immagini una sorta di “verità interiore” che non è altro che la proiezione delle proprie sensazioni e dei propri pensieri. Padovani fissa la sua attenzione su dettagli marginali (come poltrone, fiori, alberi, vedi foto, Un girasole e la sua ombra, 28x36 cm, olio su tavola) o spazi dimenticati (come soffitte, vecchi caseggiati, strade che si perdono chissà dove). Lo fa per interrogare quello che ci sembra talmente evidente da averne dimenticato l'origine; lo fa per stanarlo dalle scorie dell'ordinario nelle quali è invischiato: in una parola, lo fa per dargli di nuovo un senso, una lingua, un'esistenza. E per conseguire il suo obiettivo ricorre a tutta una serie di strategie che possiamo definire tecnico-formali. Innanzitutto sgombra il campo dalla presenza degli esseri viventi, anche se rimane sempre una traccia del loro passaggio, un'impronta del loro vissuto (anzi, si potrebbe dire che è proprio l'impronta, il segno di “ciò che è stato”, a caratterizzare la dimensione temporale imprecisata dei dipinti, a cui corrisponde anche un'ambiguità spaziale, quasi fosse impossibile capire se queste immagini appartengano a questa terra o a chissà quale altro pianeta). Con la sua
dal 17 marzo al 17 aprile 2011
Apre a Verona la mostra Blow-up. Immagini del nanomondo, itinerario visivo tra scienza e fotografia nel mondo alla scala dei miliardesimi di metro. Immagini per vedere l'invisibile che uniscono estetica e rigore scientifico, e rivelano la bellezza nascosta nelle profondità della materia.
«Il mondo che abbiamo sempre avuto sotto gli occhi ne nasconde un altro». Così si apre Blow-up, mostra ideata dal Centro S3 dell’Istituto Nanoscienze del Cnr. Nata dall’incontro tra il lavoro degli scienziati e l’esperienza di una fotografa, la mostra invita a scoprire un mondo che non è possibile fotografare e nemmeno vedere con i più potenti microscopi ottici. Il mondo alla scala dei nanometri - dove l’unità di misura è il miliardesimo di metro, lo spazio occupato da 10 atomi di idrogeno messi in fila uno dietro l’altro - è accessibile solo da pochi anni grazie agli strumenti avanzati della ricerca scientifica. Il Centro S3 di Modena, centro di ricerca in nanoscienze del Cnr, ha prodotto queste ‘istantanee’ del nanomondo e con la collaborazione della fotografa Lucia Covi ha voluto mostrarle in una nuova luce.
La magia dell’ingrandimento rivela la materia alla scala atomica, impercettibile ma ricca di forme e dettagli: un panorama all’apparenza fatto di dune, scavi faraonici, stalagmiti ciclopiche. In realtà si
11 marzo - 4 giugno 2011
Con l’inaugurazione, venerdì 11 marzo p.v. alle ore 18, della mostra Open your eyes a cura di Mauro Fiorese, direttore artistico della sede espositiva, apre - in una prestigiosa sede nel cuore della città scaligera - un nuovo spazio volto a produrre, diffondere e valorizzare la Fotografia Fine-Art.
In mostra una selezione di opere di Ansel Adams, Sara Angelucci, Gabriele Basilico, Renato Begnoni, Marco Bertin, Bill Brandt, Keith Carter, Henri Cartier-Bresson, Armen Casnati, Matteo Cirenei, Federica Cogo, COLIN, Mario Cresci, Stefano De Luigi, Harold Edgerton, Mauro Fiorese, Matteo Fontanabona, Robert Frank, Moreno Gentili, Mario Giacomelli, Occhiomagico, Paolo Gioli, Oltsen Gripshi, Rodolfo Hernandez, Michael Kenna, André Kertész, Duane Michals, Thomas Ruff, Rosanna Salonia, Bert Stern, Louise Stettner, Thomas Struth, Monica Tarocco, Maggie Taylor, Jerry Uelsmann, Luigi Veronesi, Nicola Vinci, Joel Peter Witkin, Matthew Yates. Si tratta di una Collezione costruita negli anni da Annamaria Schiavon Zanetti, appassionata di fotografia con esperienza ventennale nella produzione della stampa fotografica.
Dal sodalizio tra la collezionista e il curatore nasce il progetto PH NEUTRO, la cui posizione di ‘neutralità’ sta nel voler affiancare a opere di autori già affermati e di grandi maestri della scena internazionale, il lavoro di talenti nuovi ed emergenti, con il preciso proposito di sostenerli, offrendo loro opportunità di crescita, ricerca, visibilità.
13 marzo - 15 maggio 2011
Il percorso della mostra "Cronos: quel che resta della memoria" inizia con “Wor(l)ds”, una ricerca sulla memoria dell’oggi in cui Colin, come un archeologo del presente, recupera e trasforma parole e immagini tratte delle pagine dei giornali di tutto il mondo. Un affresco postmoderno tra echi della cronaca e le lacerazioni del nostro vivere quotidiano.
Il visitatore troverà poi una grande opera dal titolo “The Wall” (in foto vedi particolare), imponente istallazione di 232 opere a tecnica mista in cui è presentato un vero e proprio muro di quel che resta del nostro tempo: anche qui, forme di scritture e segni del nostro tempo, quasi macerie di un’apocalisse contemporanea, metafora potente di una società liquida che sembra smembrarsi e che trova identità anche in due grandi sculture circolari.
La mostra prosegue con il ciclo “Liturgie”: una ricerca sull’ambiguità delle immagini e delle parole nella politica, mentre le serie “Amami”, presenta un omaggio anche alla Verona shakespeariana, attraverso il recupero di vecchie fotografie di album famigliari per far rivivere il ricordo e la memoria di amori lontani e perduti nell’oblio. Piccoli frammenti trasformati dall’intervento dell’artista, tra rivelazioni e negazioni, ferite e tracce di un amore che supera il confine del tempo. L’impegno civile dell’artista si riscontra nella sezione “Vuoti di memoria”,
25 febbraio - 13 marzo 2011
vernissage: venerdì 25 febbraio 2011 ore 18,00
La fotografia di Paolo Parma sembra in apparenza registrare in maniera scrupolosa ed ossessiva quanto si manifesta davanti all’obiettivo. In realtà, non mira a confermare ciò che è oggettivo e ad intensificare l’esperienza del conosciuto, quanto a rendere tutto conoscibile, a far del visibile un’ipotesi, del vero un qualcosa di potenziale. Non fissa solo il caos della realtà, inquadrandolo e bloccandolo, ma pietrifica anche ciò che è immateriale, come l’ombra. Anzi, proprio al lato oscuro, indifferenziato delle cose (o degli esseri) viene data una tale attenzione, che gli elementi tangibili danno l’impressione di regredire in secondo piano. E’ come se l’indeterminato trascinasse nella propria inafferrabilità percettiva anche ciò che è chiaramente definito. Fino al punto estremo di illuderci, attraverso l’artificio fotografico, che è l’immagine a guardarci, a farci segno, a farci vedere. Parma si limita a rivelare momenti (cose, paesaggi, situazioni) in apparenza casuali, il cui senso non è tanto mostrato, quanto suggerito. Le sue fotografie si offrono così come saggi fotografici ed emanano elusività, ironia, paradosso. Gli stessi tagli o inquadrature, simili a “frame” cinematografici, non aprono la veduta, casomai la frammentano, la moltiplicano, la disperdono. Tutto diventa incommensurabile, incollocabile e l’unica cosa che si evidenzia è che l’occhio è lì
dal 5 febbraio al 20 marzo 2011
“Abitanti” è il titolo della mostra personale dell’artista Sissi (Bologna 1977), a cura di Danilo Eccher. Già vincitrice di prestigiosi riconoscimenti , questa giovane artista bolognese - per la quale il vissuto personale è da sempre il motore dei suoi racconti artistici - fa ruotare tutta la propria vena creativa attorno ai concetti di carne, corpo, materia. Sulla base di questi, Sissi rende l’abito il fulcro del suo lavoro, nelle sue molteplici e continue trasformazioni, sfuggendo solo apparentemente alla sicurezza di una propria identità.
Il nome che l’artista si è scelta è esso stesso una performance, una trasformazione. Portare il suo nome nel mondo rende Sissi oggetto stesso delle proprie opere. È un soprannome che Sissi si è ritrovata addosso al termine della performance per cui è diventata famosa, “Daniela ha perso il treno” (1999): lei, alla stazione di Bologna, vestita di consunti copertoni di macchine, che tenta di salire sul treno, intrappolata in una forma ingombrante che non le consente di oltrepassare le strette porte di accesso. Un costante confronto tra l’eleganza del gesto e l’imperturbabilità del contesto.
“I vestiti sono per Sissi dei grandi disegni, soni fogli da abitare e da vivere, territori da percorrere e scoprire, luoghi in cui nascondersi e dove accendere le infinite maschere dietro