dal 14 ottobre 2006 al 7 gennaio 2007
mostra fotografica di ritratti
L’immigrato africano in Italia
 
Ritratti di Marco Ambrosi, Matteo Danesin e Aldo Sodoma
a cura di Gigliola Foschi
 
Portraits in black e' un progetto fotografico sociale realizzato dal collettivo italiano ZOO_COM formato dai fotografi Marco Ambrosi, Matteo Danesin e Aldo Sodoma.
"La ricerca affronta il tema dell'immigrazione vista attraverso la vita delle comunita' africane veronesi che si riconoscono nel credo pentecostale".

Alcune anticipazioni della mostra, di grande interesse culturale e attualita',  sono già state pubblicate ed esposte  in Polonia, Germania, Spagna, Francia, Inghilterra e Singapore e hanno ricevuto importanti riconoscimenti tra i quali l’International Photo Awards e il Premio Internacional de Fotografia Unicaja.

Testo critico di Gigliola Foschi
"C’e' un soggetto, l’immigrato, il clandestino, e c’e' un modo ormai quasi canonico di fotografarlo: imbarcazioni stracariche di corpi, occhi supplicanti, operatori sanitari e sociali accorsi ad aiutarli, centri di accoglienza affollati, spesso simili a prigioni. L’immigrato, in queste immagini, si trasforma in una massa indistinta, priva d’identita' e cultura. Una massa che impietosisce alcuni e conferma in altri la paura dell'invasione.

Come fotografare gli immigrati evitando simili stereotipi? - si sono chiesti i membri del collettivo Zoo_Com: Marco Ambrosi, Matteo Danesin e Aldo Sodoma. In che modo riuscire a mostrarli come persone dotate di un’identita' individuale e
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fotografie di Jean-Luc Thaly

 Fnac Verona – via Cappello 34

Dal 6 dicembre 2006 al 9 gennaio 2007


 

(…) Il comune di Lisbona ha da sempre messo delle panchine pubbliche in alcune zone della città: i moli del porto, i belvedere, i giardini da cui si domina il mare. Sono molti coloro che vanno a sedersi lì. Tacciono, con lo sguardo perso in lontananza. Cosa fanno? Praticano la “Saudade”. Cercate di imitarli. Certo, è un cammino arduo, le sensazioni non sono immediate, talvolta l’attesa dura persino degli anni. Ma, lo sappiamo, la morte è fatta anche di questo.

 

Antonio Tabucchi

 

Tratto dal libro “I volatili del Beato Angelico”.

 

Thaly pensa che dovrebbe camminare ancora un’ora o due per sfruttare appieno la sua giornata. Stare lì con gli altri, facendo finta di niente e, in un momento preciso e improbabile, prendere la sua macchina fotografica, caricarla, regolare, inquadrare, scattare, poi ritornare a camminare o a passeggiare. Dopo ogni inquadratura, immagina sempre la foto che ha appena fatto, la vede sulla carta con i suoi occhi, ne ascolta la stampa; il fotografo contempla la propria memoria. In quel momento, Lisbona, per lui e forse

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Inaugura venerdì 8 dicembre alle 18.30

Prima  esposizione della  rassegna

In mostra le opere di Roberto Aere e Daniela Migaldi, colori in movimento.

 

in mostra opere di Roberto Aere e Daniela Migaldi. Apnea si presenta all’insegna dei colori in movimento, capaci di attraversare le forme della libertà, travestirne metafore e delinearne i contorni, e dei colori d’impatto emotivo, in grado di trattenere gli stimoli urbani e definirne  le forme impercettibili, occupando spazi e superando limiti. “Il colore trasforma le sensazioni, offusca la percezione e costringe il brivido della fantasia ad esporsi”, questo il filo conduttore dell’esposizione. Il linguaggio cromatico è ancorato a stimoli esistenziali: gioie, paure, turbamenti quotidiani.

Roberto Aere nasce a Verona il 14 febbraio 1961. Si accosta alla pittura e al colore per gioco e per lavoro. Dipinge da anni con una tecnica  pittorica che richiede tempo, ma nasce istintiva, veloce, umorale. Il quadro nasce da un gesto continuo, “tutto deve succedere con un segno unico e definitivo che solca tavole di legno imbiancato, fissando forme trasparenti e sovrapposte, fatte di tanti casuali e differenti spazi da riempire”, il tutto usando colori di ogni tipo. Il disegno nasce senza che venga mai staccata la matita dal foglio. In pittura Aere ama darsi limiti per poterli rompere.

Tra

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  a cura di Sebastiano Zanetti e Francesco Bonazzi.

dal 18 novembre al 31 dicembre

Più di quaranta artisti accuratamente selezionati  sono stati invitati a relazionare il proprio lavoro con un'unica dimensione spaziale vincolante uguale per tutti. Una minima dimensione al cubo che confina strettamente con la stessa piccola dimensione posizionata sopra, sotto o ai lati, creando una stretta vicinanza che non propone possibilità di spazio nullo e soffoca ogni esigenza di espansione perimetrale.

PAD, infatti, è un'unica stanza dove si espande una bacheca formata da moduli della misura di 40x40 x40 cm che moltiplicati per 102 volte occupano ordinatamente l'intera superficie di una delle quattro pareti che la costituiscono. In PAD lo spazio è la metafora di un condominio bianco, di un hotel giapponese formato da loculi, celle, letti a castello adiacenti; è un alveare creativo consapevole di un sovraffollamento prossimo venturo, preparato con stanze vuote, tutte uguali e perfettamente omologate, in cui più di quaranta nuovi inquilini sono chiamati a lavorare in stretta convivenza, conformando le proprie necessità rielaborando l'unità di misura secondo la propria esigenza sensibile.


Gli inquilini invitati sono: Alek O., Amae Artgroup, Alessandro Ambrosini, Michele Bazzana, Dafne Boggeri, Ludovico Bomben, Stefano Buro, Camilla Candida Donzella, Enrica Cavarzan, Paolo Cavinato, Massimo Carasi, Matia Chincarini, Marco Cingolani, Sabine Delafon, Silke De

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dal 7 ottobre - 2 dicembre 2006


Il lavoro di Federico Maddalozzo è incentrato sull'analisi percettiva e identitaria del colore puro. In quest'ultimo progetto che prevede quattro installazioni site specific, l'artista si concentra sul carattere individuale ed incerto della visione. Prediligendo materiali leggeri: prodotti cartotecnici, pile di fogli, campioni cromatici Pantone, alluminio, ed intervenendo direttamente sullo spazio, Maddalozzo sottrae agli sguardi, struttura e peso delle forme, concentrando l'attenzione verso il perimetro e la superficie degli oggetti.


In Maybe #05 la luce riflessa dai fotoni di un'intera parete rivestita di centinaia di cartoncini colorati, sporgenti dal muro con due opposte inclinazioni, ridisegna lo spazio intrappolando gli sguardi in un meccanismo ottico destabilizzante. L'incertezza che pervade la percezione, l'impossibilità dei nostri occhi di riconoscere come identiche due superfici cromatiche identiche esposte con inclinazioni differenti, ci riconduce inevitabilmente a tematiche complesse che attraversano l'equilibrio psicologico dell'individuo.

L'illusorità del reale e l'unicità dell'esperienza, così come l'invisibilità delle emozioni, sono i codici sottesi da Federico Maddalozzo.

Darren Murray riproduce in pittura immagini di paesaggi assolutamente convenzionali, ripresi da calendari o brochure pubblicitarie di viaggi. La cromia è accesissima, con una tavolozza limitata quasi esclusivamente ai colori primari e secondari, assolutamente non naturalistica.

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Dall'8 dicembre 2006 al 9 aprile 2007

A Bassano la collezione mai vista di due grandi Fondazioni

 

LE COLLEZIONI DELLA FONDAZIONE CARIVERONA  E DELLA FONDAZIONE DOMUS




     

 Un patrimonio d’arte che spazia dalla fine del Trecento agli anni ’80 del Novecento, custodito nella sede della Fondazione Cariverona e della Fondazione Domus a Verona ..Bellotto, Boccioni, Morandi, Vedova, Tancredi, Dorazio…, viene eccezionalmente esposto nella nuova ala del Museo Civico di Bassano per festeggiare il completamento del primo lotto dei lavori della grande nuova struttura culturale della città, della quale la Fondazione Cariverona è principale sostenitore.

 

     

 La collezione d’arte presentata a Bassano del Grappa è di recente e recentissima storia e si coaugula intorno all’importante acquisto, nel 2000, della Veduta di Castelvecchio e del ponte scaligero da monte dell’Adige  di Bernardo Bellotto, una tela commissionata al grande pittore veneziano durante il suo soggiorno a Verona nel 1747 dal maresciallo Von der Schulenburg, al quale si legano alcune tra le più importanti committenze di dipinti di veduta e paesaggio della pittura veneziana di primo Settecento.

 Nata con l’intento di raccogliere opere di artisti veronesi o vedute di Verona, la collezione si venne integrando negli anni successivi

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In mostra disegni e sculture del veronese Virginio Ferrari che da anni si divide tra Verona e Chicago (dove ha insegnato per anni alll  ). Le sue sculture sono presenti in collezioni private e nei musei di tutto il mondo. Per le sue opere lirico astratte impiega prevalentemente bronzo, ferro, acciaio inox, granito.




Data inizio: 14-10-2006
Data fine: 11-11-2006
Luogo: Galleria Incorniciate
Indirizzo: Via Brigata Regina 27/a
Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Telefono: 045 89oo212
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dal 24 ottobre

Dal 1992 il Museo Civico di Storia Naturale di Verona effettua ricerche nelle aree carsiche della Cina meridionale. Sono state effettuate 12 spedizioni, alle quali hanno preso parte oltre 300 persone tra studiosi e speleologi italiani e cinesi, che hanno permesso l’esplorazione di quasi 150 grotte, per un totale di oltre 60 km di sviluppo.

Per sistematicità, sforzo complessivo e risultati, le esplorazioni veronesi in Cina costituiscono di gran lunga il maggior impegno speleologico italiano in questo vasto territorio dell’Asia orientale. Le spedizioni veronesi hanno spesso visitato aree ed esplorato grotte carsiche in territori di difficile accesso. La regione della Cina dove il Museo di Verona ha investito le maggiori energie, per il grande interesse scientifico e naturalistico dell’area, è il Guizhou.

Numerosi organismi viventi, molti dei quali nuovi per la scienza, sono stati osservati e raccolti, specialmente nel corso delle spedizioni condotte negli ultimi cinque anni. Tra questi possiamo citare alcuni funghi parassiti, crostacei terrestri e acquatici, coleotteri, cavallette e altri insetti e, tra i vertebrati, alcune nuove specie di pesci cavernicoli.

Un altro importante obiettivo è stato lo studio dettagliato di alcuni sistemi di fiumi carsici del Guizhou attraverso un monitoraggio dei principali parametri chimico-fisici. Sono stati effettuati numerosi rilievi per evidenziare il livello

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dal 24 settembre al 17 dicembre 2006.

La mostra si propone come l’esperienza dell’andare a funghi ed insieme ai funghi reali s’incontrano nel parco della Barchessa di Villa Donà delle Rose a Mirano quelli d’artista. Come è nello spirito di Concerto d’Arte Contemporanea e di PaRDeS ed in sintonia con il periodo, si organizza per un’esposizione autunnale con opere di scultura ed installazioni ambientali dislocate all’aperto (corredate di progetti e video) sul tema dei “funghi d’artista” che si lega all’ambiente e al territorio. L'idea è nata in quanto, in questa zona del Veneziano, ci sono molti funghi, sia commestibili sia tossici e velenosi, che crescono nei parchi e giardini storici. Inoltre il fungo è un argomento di grande interesse per gli artisti.

Il lavoro di trasformazione del fungo è simile a quanto fa l’artista che con le sue tecniche trasforma i materiali in opera d’arte; il fungo come l’artista compie un’operazione alchemica: trasforma elementi e sostanze in qualcosa che in molti casi diventa bella e buona. Basti pesare all’umile e prezioso lavoro che il micelio  sviluppa in micorrizia  con le radici degli alberi per aiutarle nell’assimilazione delle sostanze minerali La parola fungo inoltre assume nella “mappa mentale” molteplici significati tutt’altro che negativi.

Sono in molti gli artisti a trarre ispirazione dal fungo con

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La galleria The flat, in occasione di art(Verona 06, riapre la stagione espositiva,  ha inaugurato il  21 ottobre, nella sua sede di Villa Noris, "People like Us" una mostra collettiva che presenta i lavori di dieci artisti italiani e stranieri.

Il fil rouge che attraversa i lavori, declinato dai diversi artisti secondo tecniche e priorità concettuali divergenti, è rappresentato dalla voglia di guardare, cogliere e raccontare angolature del nostro essere "gente comune".

Lo show presenta lavori che ritraggono coloro ai quali la "normalità" occidentale viene brutalmente negata, a fianco ad altri che indagano la realtà di chi, nella sua ostentata eccentricità, a quella voglia d’essere uno come tanti, rimane tuttavia testardamente aggrappato. Ma chi sta dentro e chi fuori, da quello "us" - che monosillabico com’è, vorrebbe contenerci tutti? Persone come voi, come me che scrivo e te che leggi: l’alienazione di donne comuni, sguardi colti per caso dal finestrino di un auto e facce familiari, recuperate da vecchie foto ricordo reinterpretate, ancora volti strappati alla cinematografia, che comunicano inquietudine e infine facce senza volto, ma con un’identità iscritta nei dettagli, questi ultimi di un’eloquenza tale, da renderle malgrado tutto, ancora sorprendentemente riconoscibili.




Data inizio: 18-10-2006
Data fine: 23-12-2006
Orario:
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L'opera di Jacob Hashimoto a prima vista, ci attira per la sua  ricchezza ma questo può anche presentare un problema: c'è il rischio di  rimanere affascinati dalla moltitudine di variazioni e di dettagli da  perdere di vista il concetto e l'insieme. Questo è il principale motivo  per cui questa mostra si limita ad un solo aspetto del lavoro di Jacob  Hashimoto.

Tutte le opere presenti sono a parete e consistono di elementi  ripetuti, sospesi e uniti tra loro da fili. L'opera più grande, una  moltitudine di ellissi con strisce di carta di colore verde incollate  sopra, potrebbe essere considerata l'opera principale della mostra, e  non solo per la sua grandezza. E' l'opera che rivela più chiaramente  gli interessi e i concetti sviluppati nelle altre opere esposte.  L'incontro e la compenetrazione tra cielo e terra sono qui mostrati  nella loro grandezza e nella loro semplicità, ed è qui che comprendiamo  più chiaramente come il lavoro di Hashimoto sia fatto di similitudini  piuttosto che di metafore: non allude ma è.

Tutto questo è sviluppato e soggetto a variazioni infinite nelle altre  opere in mostra. Nei lavori più piccoli, lo spazio fisico, quello degli  elementi in rapporto alla parete, è ovviamente molto più concentrato ma  anche complicato dal colore. La profondità è sempre tangibile anzi, ha  spesso

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